Li cattivi ugùri

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Giuseppe Gioachino Belli

1830 Indice:Sonetti romaneschi I.djvu corone di sonetti letteratura Li cattivi ugùri Intestazione 9 febbraio 2024 100% Da definire

Er funtanone de Piazza Navona L'orecchie de mercante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830

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LI CATTIVI UGÙRI.[1]

1.

     So’ le corna d’Aronne![2] De sti fatti
Tu nu’ ne sai nemmanco mezza messa.[3]
Lo vòi[4] sapé pperché a Lluscìa l’ostessa
J’hanno arubbato tutt’e ttre li gatti?

     Lo vòi sapé pperch’ha ddu’ fijji matti?
Perché ha pperza[5] cór prete la scommessa?
Perché er curiale pe’ ’na callalessa[6]
J’ha maggnato la dota a ttutti patti?

     Lo vòi sapé pperché jj’è mmorto l’oste?
Perché ll’antra[7] ostaria de zi’ Pasquale
J’è arivata a llevà ttutte le poste?[8]

     È pperché un anno fa, dde carnovale,
Ner connì[9] ll’inzalata e ll’ova toste,[10]
Svorticò[11] la luscerna e sverzò[12] er zale.[13]

10 settembre 1830.


Note

  1. Auguri. [L’autografo porta scritto di mano dell’autore: Sonetti tre. Ma non se n’è trovati che due.]
  2. Sono etc.: Frase di opposizione all’altrui sentimento.
  3. [Non ne sai quasi nulla.]
  4. Vuoi.
  5. Perduta.
  6. [Per una calda-a-lesso: per una ballotta]: per un nonnulla.
  7. L’altra.
  8. [Tutti gli avventori.]
  9. Nel condire.
  10. [Sode.]
  11. Rovesciò.
  12. Versò.
  13. [Unico rimedio, in questo terribile caso del sale versato, è di buttarsene subito un pizzico dietro le spalle!]
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L’OSTE A SSU’ FIJJA.[1]

2.

     Povera ggente! Uhm! pònno chiude[2] casa,
Si[3] ssopra scià[4] cantato la sciovetta:[5]
Se[6] pònno aspettà ppuro[7] una saetta,
Come si ffussi[8] un osso de sceràsa.[9]

     Nun lo vedi quer cane com’annasa?[10]
Che seggn’è? la commare[11] che tt’aspetta.
E nnun zo’[12] cciarle: che ggià gglieri a Bbetta[13]
J’ha sparato[14] la frebbe,[15] e jj’ è arimasa.[16]

     Eh ssi a mméttese[17] addosso a ’na famijja
Viè la sciangherangà,[18] bz,[19] bbona notte:
Sce fiòccheno[20] li guai co’ la mantijja.[21]

     Mo vva a mmale un barile, oggi una bbotte,
Domani la cantina; e vvia via, fijja,
Pe’ sta strada che cqui tte va’ a ffà fótte.[22]

Note

  1. [Questo sonetto non ha data; ma porta il numero 2, è scritto dietro al precedente, e benchè con titolo diverso, tratta la stessa materia. Nessun dubbio, dunque, che sia legato con esso.]
  2. Chiudere.
  3. Se.
  4. Ci ha.
  5. Civetta.
  6. Si.
  7. Pure.
  8. Se fosse.
  9. [Un nocciolo] di ciliegia: [una cosa comunissima.]
  10. [Annusa.]
  11. La morte. [In Maremma chiamano comare la febbra intermittente.]
  12. Non sono.
  13. Ieri a Elisabetta.
  14. L’[gli] è scoppiata.
  15. Febbre.
  16. L’[gli] è rimasta, le dura.
  17. A mettersi.
  18. Viene la sventura.
  19. Il suono d’un bacio che i Romaneschi si danno sull’estremità delle cinque dita raccolte insieme, per esprimere non esserci più rimedio.
  20. Ci fioccano.
  21. Guai solenni..
  22. Vai in rovina.