L'impostore/Nota storica

Nota storica

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Atto III
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NOTA STORICA

Distrugge la critica storica le più vaghe leggende. S’è ripetuto tante volte che la truffa del Raguseo (cfr. l’A chi legge, il proemio autobiografico al t. XVII del Pasquali, e il cap. XLIV [P. I] delle Mem.) non ispirò al sereno Goldoni risentimento veruno, ma solo un’allegra commedia. E così che un vero eroe della penna si vendica d’un finto eroe della spada! Invece al brioso racconto delle Memorie, dove la composizione dell’Impostore appare effetto immediato della truffa, contraddice l’a. stesso nella premessa. Di là con sufficiente evidenza risulta intercedere uno spazio di più che dieci anni tra il fatto e la sua drammatica metamorfosi. Niente vendette. Padre Giambattista Roberti «dei Figli illustri di Sant’Ignazio» (lett. del Gold. all’Arconari in data 5 aprile 1 755) si rivolge all’amico commediografo per uno degli allora innumerevoli teatri ne’ collegi del suo ordine, e Carlo Goldoni, l’anno 1754 e a Modena, giovandosi d’un tragicomico episodio della sua vita, lo contenta. Il Borghi, il Löhner e il Bonfanti ristabilirono l’ordine cronologico. Le buone indagini del secondo ritardano di due anni l’avventura col raguseo. Non più il 1741, ma il 1743. Di più il Löhner propende a credere che si trattasse d’un ingaggiatore vero, perchè l’imminente lotta per la successione austriaca avea mosso sin dal 1739 la corte napoletana ad arrolare nel Veneto albanesi, montenegrini, dalmati e greci (Goldoni, Mémoires, ediz. Löhner, p. 352); ma vero o falso l’ingaggiatore, questo nulla toglie al peso delle sue furfanterie. Il Borghi fissa senza più l'infausta nascita di quest’Impostore al 1754, ma non mostra al lettore il cammino donde giunge a tal risultato (Modena a C. G., 1907, p. 86). Tutte le ragioni che provano insussistente la cronologia delle Memorie, furono di poi raccolte e vagliate dal Bonfanti (La data dell’«Impostore», Rass. bibliog. d. letter. ital., 1907, pp. 70-72; cfr. anche Lazzari, C. G. in Romagna. Ven., 1908, p. 58). Il quale si chiede: se la commedia è del 1743, perchè non venne stampata già nell’edizione Bettinelli? perchè non se ne parla nel citato proemio autobiografico al t. XVII del Pasquali? «Non par credibile, in verità, — aggiunge — che in quegli anni di saggi informi più che di drammi ben congegnati, trascurasse del tutto una simile commedia, pur non poco diversa da’ precedenti abbozzi, per regolarità di forma, vivacità comica e schietta dipintura di personaggi storici e di fatti realmente accaduti».

Scarsi assai i riferimenti a questo lavoro nella critica goldoniana. Non avverte l’errore cronologico delle Memorie Olga Marchini-Capasso e s’ingegna indarno così di trovar fattezze comuni all’Impostore e alla Donna di garbo (G. e la commedia dell’arte. Bergamo, 1907, p. 206). Maggior lode ancora che nelle parole del Bonfanti è negli epiteti «splendida» ed «eccellente» dati a questa commediola da Alfredo Moretti (C. G,, Gazzetta Ferrarese, 25 febbr. 1907) e da Julius Mucha (Goldoni. Tagespost. Graz, 5 febbr. 1893). Solo per compiutezza sieno ricordati gli elogi profusi dallo Schedoni al castigo dei rei, all’ammonizione ai disavveduti e alla prudenza d’Ottavio (Principii morali del Teatro. Modena, 1828, p. 66). Tra le commedie militari è messa questa dal Rabany (op. cit., p- 224) e dal Brognoligo, il quale a prova della scarsa simpatia del Goldoni «per chi dell’armi faceva professione e [p. 200 modifica]ostentazione» cita le parole di Brighella «mercanzia di carne umana» (A. I sc. 11), affibbiate all’arrolamento di soldati (Il G. e la guerra. Riv. d’It., aprile, 1902, p. 20). Ma il Dejob non crede la malvagità d’Orazio e l’imprudenza di Ridolfo possano a rigor di termini esser messe sul conto dei militari (Le soldat dans la litt. franç., Revue bleue, 7 die. 1899). Altrove lo stesso Dejob, in lode della commedia, annota: «L’Impostore de Goldoni contient un excellent portrait d’un egoiste exploitant naìvement la bontè de son frère» (Les femmes dans la com. franç. et ital. au XVIII siècle. Paris, 1899, p. 75). Gian Paolo, l’«aimable frère», tornato proprio nel 1754 dopo lunghi anni d’assenza (12?) in casa di Carlo, rievocò forse con la sua presenza le gesta del famigerato ingaggiatore. Così al geniale pennello fraterno s’offerse il modello a una macchietta in verità gustosa, esilarante, più viva che non l’autoritratto del dottor Polisseno.

Oggi quest’Impostore serba ancora interesse solo come arguta illustrazione a un episodio della vita del Goldoni. Nè la commedia, scritta per convittori, sembra abbia lasciato mai il minuscolo palcoscenico dei collegi. Si sa che da quello de’ Nobili di Modena si recitò nel 1757, 1760 e 1784 (Gandini, Cronistoria dei Teatri di Modena ecc., Modena, 1873, p. II, pp. 195, 197, 215). L’Estense ne conserva un manoscritto, il quale, come rilevasi dal frontespizio, servì appunto al Ducale Collegio di quella città, «ove con molto plauso la commedia fu rappresentata il 19 febbraio 1784, sostituendo alle maschere» perchè non tolleratevi, «personaggi di egual carattere» (Catal. de’ Codici e degli autografi posseduti dal March. Giuseppe Campori, compilato da L. Lodi. Modena, 1875, voi. I, n. 1249). Al Teatro del Seminario-Collegio di Reggio fu eseguita negli anni 1750, 1766 e 1782 (Crocioni, Reggio e il Goldoni, in Modena a C. G., 1 07, p. 348). D’una recita a Milano fa menzione il Bernouilli in lettera del 25 febbraio 1 775: «A 7 heures je me suis rendu avec M. Guibert au College des Nobles de St. Jean; où se donnent pendant le carnaval des reprèsentations thèatrales semblables à celles du Collège Imperial. J’ y ai vu jouer l’Impostore de Goldoni, accompagno de trois ballets». (Lettres sur differents sujets... par Mr. Jean Bernouilli. Berlin, 1775, p. 81).

L’Impostore non ebbe vanto o strazio di traduzioni. Il Mathar bensì, per una distrazione non lecita a chi mostra pure discreta conoscenza dell’opera goldoniana, crede di scorgerne un’assai libera riduzione nel Leutansetzer del Weiskern (Wien, 1 753 [?]). Con lunghi ragionamenti egli s’arrabbatta a fissare affinità e divergenze, e non s’accorge d’aver tra mani non già l’Impostore, ma il Raggiratore (C. G. auf dem deutschen Theater des XVIII. Jahrh., Montjoie, MCMX, pp. 2-7). All’attore Luigi Forti dobbiamo un rifacimento italiano di questa commedia (L’I., comm. in 3 atti, ridotta per la scena senza maschere, e dal dialetto veneziano. Roma, Riccomanni, 1877). Ferdinando Galanti lumeggiò con fine analisi i rapporti d’affetto e di stima corsi tra i due principi delle lettere veneziane nel 700 (C. G. e Gasparo Gozzi, in Soccorriamo i poveri bambini rachitici. Strenna pel 1907. Venezia, pp. 33-35; cfr. anche Malamani, Nuovi appunti e curiosità goldoniane. Venezia, 1887, pp. 175- 180). Torna a gloria di Gasparo Gozzi l’imparziale suo giudizio sull’opera del commediografo. Secondare le biliose maligne critiche del fratello non era certo da lui; ma se egli in mezzo alle guerriglie pro e contro il [p. 201 modifica]Goldoni avesse taciuto, questo silenzio in perfetto accordo con l’indole sua amante del quieto vivere non avrebbe provocato in noi stupore, né a lui meritato rimprovero. Invece l’avere nella propria famiglia l’avversario più fiero del Goldoni non gl’impedì la giusta ammirazione del teatro goldoniano e l’amicizia per il riformatore. Ne son prova tanti luoghi delle sue opere — più significativi gli articoli bellissimi della Gazzetta sui Rusteghi e sulla Casa nova — frequenti accenni nelle sue lettere e la parte da lui presa in favore del Nostro a quelle curiose scaramucce che nella teatromane Venezia settecentesca si combattevano a foglietti volanti (cfr. Poesie veneziane di G Baffo, C. Goldoni e G. Gozzi sulla commedia «Il filosofo inglese» ecc. Ven., 1861). L’appoggio d’uomo sì autorevole fu balsamo benefico alle offese inferte al G., di che la bellissima dedicatoria resta documento eloquente e simpatico. Ci sfuggono le ragioni per le quali nel volume XVII dell’edizione Pasquali la lettera di dedica non accompagna più la commedia. L’omise lo stesso Gozzi, cui erano affidate le cure dell’edizione (Mem., P. II, e. XLVI)? Ma curò davvero anche gli ultimi volumi il letterato allora quasi settuagenario e bersagliato da tante sventure proprio negli ultimi della sua vita? Il libraio Molini di Parigi al Roland che nel giugno del 1779 gli fece chiedere il vol. XVII del Pasquali, rispose che non pareva neanche stampato e che c’era scarsa probabilità d’averlo prima di cinque o sei mesi (Le mariage de Madame Roland. Trois années de correspondance amoureuse, 1777 -1780. Paris, 1896, pp. 106, 116), e forse non venne a luce che assai più tardi.

E. M.

L’Impostore fu stampato la prima volta l’anno 1754 nel t. VII dell’ed. Paperini di Firenze, e fu subito ristampato a Bologna (Pisani ’54?; Corciolani IX, ’54) a Pesaro (Gavelli VII, ’54) a Venezia (Bettinelli VIII, ’55) a Torino (Fantino e Olzati IX, ’57). Uscì ancora, più tardi, a Venezia (Savioli XII, ’72; Pasquali XVII, 78?; Zatta cl. 2.a, IV, ’90; Garbo XIV, ’98) a Torino (Guibert e Orgeas I, 74) a Lucca (Bonsignori XX, ’90) a Livorno (Masi XXI, ’91) e forse altrove nel Settecento. - La presente ristampa seguì principalmente il testo più fedele del Paperini. Valgono le solite avvertenze.