L'erede fortunata/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
GIOVANNI FALIER
PATRIZIO VENETO
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Voi non disapprovaste la mia intenzione di mettere la morale in Teatro, e vi compiaceste talvolta sentir dal popolo applaudite le buone massime, che sono a Voi familiari, e vi rallegraste assaissimo, vedendo batter le mani a un Padre che corregge, a un Figlio che si pente, ad un Cavalier che ammaestra. Dicano pure gli scostumati, ne’ loro Vizj incalliti, non essere il Teatro la loro scuola, arrossiscano di qualche loro ritratto, e soffrano alle coscienze loro i rimproveri: V. E. mi anima a battere il sentiero intrapreso, a porre in ridicolo il vizio, ad esaltar la virtù, poichè pensando ciascuno a seconda del proprio cuore. Voi non potete che applaudir l’onestà e detestar la dissolutezza. Siete un Cavalier esemplare che nascondete la Vostra dottrina sotto il manto dell’umiltà, e la pietà vostra sotto quello della sociabile moderazione. Io non ho mai veduto chi meglio di Voi sappia stare con Dio e col Mondo. Voi siete un vero modello di perfezione, poichè senza togliere ciò che da Voi esigono le pubbliche e le domestiche cure, e gli amici vostri medesimi, sapete cogliere dei momenti felici per corrisponder all’Altissimo Iddio, il quale, e nella grandezza della vostra nascita, e nell’opulenza delle vostre fortune, e nella qualità de’ talenti vostri, e nella prole medesima ha sparse e spargerà sempre mai le sue divine Benedizioni.
Fra gli onesti trattenimenti di questa vita, Voi ammettete le mie Commedie, intervenendovi con qualche sollecitudine, eccitando gli amici Vostri a vederle, indi parlandone in guisa che arreca loro e fregio, e credito, ed avvantaggio, onde posso ben lusingarmi, che non isdegnerà l’E. V. che per maggior mio decoro ponga il venerabile nome Vostro in fronte ad una di esse, e Voi siate veduto nel catalogo de’ miei benignissimi Protettori.
Io non voglio raccomandare questa povera imperfetta Opera mia ne alla grandezza Vostra, che per antichità e dignità sublime gareggia colle Ducali più illustri della Repubblica Serenissima, e nè tampoco alla sapienza Vostra, che malgrado la Vostra moderazione sì ben traluce in ogni atto ed in ogni Vostra parola; ma la dirigo soltanto a quella virtude ch’è a Voi più cara, cioè all’amabile gentilezza Vostra, colla quale tutto solete aggradire, tutti solete beneficare. Sia frutto della benignità di V. E. il dono di cui umilmente vi supplico, unito all’altro di potervi baciare ossequiosamente le mani.
Di Vostra Eccellenza
Bologna, li 31 Maggio 17521.
Umiliss. Devotiss. ed Obbligatiss. Serv. |
Note
- ↑ Questa data trovasi soltanto nel t. III (1752) dell’ed. Bettinelli, dove la prima volta fu stampata la presente lettera di dedica.