L'emissione della luce/Paragrafo 2

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[p. 3 modifica]2) Osservavo, dieci anni or sono, che, se il risultato di Wiedemann e Schmidt esclude l’ipotesi dell’elettrolisi in senso ristretto, affatto che il passaggio dell’elettricità non sia legato con un trasporto [p. 4 modifica]di materia; solamente il processo sarebbe più complicato di quelli che abbiamo l’abitudine di osservare in seno alle soluzioni saline.

Trasporti di materia si constatano in realtà con molte disposizioni differenti. La cosa si verifica, per esempio, alla pressione ordinaria, con un apparecchio semplicissimo1.

Una bolla di vetro reca agli estremi di un suo diametro due elettrodi di platino; e secondo un altro diametro, perpendicolare a questo primo, si prolunga in un tubo cilindrico aperto all’estremità, il quale tubo traversa il tappo, che chiude una piccola bottiglia, anche di vetro, e giunge all’incirca alla metà della sua altezza. Dentro alla bottiglia poi si versa dell’acqua, tanto che il livello arrivi pochi millimetri sotto all’orifizio del tubo.

È opportuno che la bolla abbia 4 centimetri circa di diametro, e che gli elettrodi stiano affacciati uno all’altro alla distanza di 8 millimetri o press’a poco.

Eccitando in questo piccolo spinterometro delle scintille bene nutrite, si osserva in primo luogo un’aureola diffusa, di colore verde oliva, solcata da poche striscie luminose vivacissime, di colore di rosa girante al porporino; queste mutano continuamente di posizione e di forma. L’aureola non è simmetrica rispetto ad un piano che tagli normalmente nel mezzo l’intervallo di scarica, ma anzi appare alquanto più dilatata dalla parte del polo negativo; inoltre il catodo reca sulla punta un cappuccetto di luce diffusa di color lavanda, mentre l’anodo si riattacca direttamente al verde del fondo.

Quando passano le scintille la bolla si riscalda e vi è produzione abbondante di ipoazotide.

Esaminando con uno spettroscopio l’aureola, si riconoscono le bande e le righe caratteristiche dell’azoto, in tutta la lunghezza, senza che vi sia nulla in apparenza, che diversifichi un polo dall’altro.

Dei fenomeni di polarità bene distinti si possono ottenere invece nel modo che segue. Si toglie via la bolla, si rovescia, tenendo dunque il tubo in posizione verticale e rivolto all’insù, poi, con una pipetta, si fanno cadere dentro a questo recipiente due o tre goccie di una soluzione salina.

Per fissare le idee, supponiamo che si tratti di una soluzione di cloruro di litio.

Quindi si gira la bolla, procurando che il liquido bagni le pareti, senza arrivare in contatto degli elettrodi, e finalmente si rimette ogni cosa a posto come prima.

Se si provocano da capo le scariche si riscontra adesso un fenomeno assai brillante. Nei primi momenti, infatti, la scintilla è colorata [p. 5 modifica]in rosso vivo in tutta la sua lunghezza; in seguito la tinta del rosso si localizza, e forma come una fiamma, che parte dal polo negativo e viene a sfumare verso la metà dell’intervallo. In questo tratto lo spettroscopio distingue nettissima e quasi sola la riga caratteristica del litio; nel rimanente si ha, come dianzi, lo spettro dell’azoto.

Qui vi è dunque un’apparenza di elettrolisi parziale, in quanto, almeno, il metallo si porta all’elettrodo negativo.

Il trasporto del jone metallico presso il catodo si può mettere in luce con una seconda esperienza molto elegante. Se infatti nelle condizioni descritte innanzi si inverte istantaneamente la direzione del flusso, si vede la scarica apparire rossa da un elettrodo all’altro, e poi il metallo ridursi come prima, in pochi secondi, dalla parte del conduttore negativo.

Fenomeni in tutto simili si osservano sostituendo al sale di litio altre sostanze; per esempio, serve assai bene una soluzione di cloruro di sodio, acidificata con acido cloridrico. Il tallio, il cesio possono impiegarsi allo stesso scopo; ma volendo ripetere le esperienze è da preferire l’uso del litio, sopratutto perchè la colorazione, che esso imparte alla scarica, stacca meglio di ogni altra sull’aureola verde.

Note

  1. [p. 15 modifica]Garbasso, Ann. des Sc. phys. et nat. XI, 1901.