L'egloga Tirsi ed Amaranta

Tommaso Crudeli

XVIII secolo Letteratura L'egloga Tirsi ed Amaranta Intestazione 19 luglio 2014 75% Da definire

Tradotto dal La Fontaine


Tirsi diceva un giorno ad Amaranta:
- Ah se tu conoscessi un certo male,
che ci piace e c’incanta,
non è ben sotto il cielo
5che ti paresse, o bella, a quello eguale:
io che già ne son pieno,
ten voglio adesso inebriare il seno;
ricevil dunque, e non aver timore
ch’io ti vogli ingannar: e come mai
10Amaranta ingannar Tirsi il pastore? -
Li risponde la ninfa: - Or dimmi, come
questo tuo male ha nome? -

Tirsi

Noi lo chiamiamo amore -.

Amaranta

- Il nome è bello,

ma dammi un contrassegno, acciò ch’io possa
15tra gl’altri mali riconoscer quello.
Dimmi che si sent’egli? -

Tirsi

- Una tal pena

così soave e cara,
che presso quella ogni gran gioia è amara.
Piace lo stare ascosa
20soletta in valle ombrosa,
non vista dalle genti,
lontana dagli armenti.
Se tu ti specchi al fonte,
non vedi la tua fronte;
25se tu t’affacci al lago,
vi miri un’altra imago;
al bosco, al colle, al prato
questa t’è sempre a lato:
non vedi se non lei,
30per gl’altri cieca sei.
È nel nostro villaggio un pastorello
che al semplice apparire
ti fa tutta arrossire,
e tu sospiri quando pensi a quello:
35e non si sa perché, pur si sospira;
si teme di vederlo, e si desira -.
Qui riscossasi alquanto:
- Oh oh - disse la vaga pastorella -
e questo è il mal che tu mi lodi tanto?
40Non m’è cosa novella,
già lo provo e lo sento -.
Tirsi a questo parlar credeasi giunto
al sospirato punto,
quando questa soggiunse: - Io ben ravviso
45che io provo tutto questo per Floriso -.
Alla risposta semplice ed acerba
cadde il povero Tirsi tramortito
sul terreno fiorito;
ella fugge e lo lascia in grembo all’erba.