L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/II. Carteggio/VII. Allo stesso

II. Carteggio - VII. Allo stesso

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di che mi degna, disegnando di rappresentarmi tra’ poeti viventi ornati di stile, da’ quali possa prendersi esempio. Ma, perché queste amenitá se ne andarono via da me con l’etá serena, mando a Vostra Signoria illustrissima un sonetto che si ritruova nella Raccolta dell’Acampora, che trascrivo qui indietro. Del rimanente, si come Vostra Signoria illustrissima ha tanta bontá di onorarmi di si segnalati favori, cosi veda in che possa io mai esserle di utile o di grado, e mi v’ impieghi co’ suoi riveriti comandi. E le fo umilissima riverenza, ecc.

[Napoli, 5 o 12 luglio 1710.]

VII

ALLO STESSO

Si giustifica dell’accusa d’aver aderito agli Arcadi dissidenti.

Lo strepito che ha fatto la novella giunta costá eh’ io, avendo prima data parola di onore in iscritto non dividermi dalla vecchia Arcadia, abbia dapoi dato il nome alla nuova del signor Gravina, mi fece per qualche ora vivere vanamente lusingato che io forse sia da molto piú di quello che mi reputo. Ma finalmente, lasciando di ricercarmi fuori, trovai in fatti che, a riguardo degli altri, ai quali questo affare poco o nulla importa, ella è un’arte che usano i piú avveduti e ben parlanti, i quali, per aggravare un uomo che ha fallito, ne esagerano la prudenza e la gravitá.

Ma, per quello che si appartiene a Vostra Signoria illustrissima ed al signor Gravina, cotesta grave opinione di me è nata daU’affetto che amendue le Signorie Loro portano a me, e ciascuno alla propria causa. Peto cotesta medesima affezione vostra ha fatto e che Vostra Signoria illustrissima, benché con tante riserbe quante gliene poteva dettare la sua gran civiltá, è caduta in sospetto che io sia mancato a lei; e il signor Gravina ha creduto che io in ogni modo e senza alcuna riserba mi sia dato a lui. Ma io sono quello istesso che pochi mesi fa. [p. 149 modifica]

Essendo qua venuto un tal signor Nardini con incommessa di fondar qui una nuova colonia di arcadi, mi ci opposi fortemente, come il signor Avitabile potrá ragguagliarla. Non ha molti giorni che il signor abate Belvedere, uomo onesto e grave quant’altri mai e di assai buon gusto delle lettere e degli uomini letterati, in presenza del signor Giuseppe Macrini, testimonio di intera fede, mi disse che il signor Gravina volea fondare un’accademia nella quale convenissero uomini di prima letteratura. Io, dopo di aver risposto ciò che il mio poco merito mi ammoniva, dissi che era tenuto per obbligo di parola data in iscritto non dividermi dalla antica Arcadia. Egli replicommi che questa era altra cosa, come quella nella quale non era legge di comporre e recitare in genere pastorale, e che qui non avrebbe a dedursi colonia alcuna. Io riflettei che queste erano due cose le quali rendevano affatto diversa questa nuova accademia, quanto altra è una repubblica incivilita da una comunitá di pastori, ed un imperio che si chiude dentro certi confini da quello che si diffonde con disuguali alleanze per le colonie. A questo aggiunsi fra meco che, dovendosi in questa annoverare letterati di primo rango, non potea esser giá quella che il signor Gravina volea promovere col nome di Nuova Arcadia, a cagione che il Nardini vi avea qui ascritto uomini giovanetti di grande forza ma non giá conosciuta letteratura. Perciò mi mossi a dare al signor Belvedere il mio nome. Che se poi il signor Gravina ha l’istessa mente che pochi mesi fa di fondare nuova Arcadia con tanti pastori, mancando una principal circostanza del rappresentatomi dal signor Belvedere e cadendo la faccenda nel caso al quale mi era innanzi apertamente opposto, non ha dubbio che giustamente manchi in me la volontá di esservi annoverato.

Prego Vostra Signoria illustrissima a ricevere benignamente questa mia giustificazione e farne copia a chi vuole per sincerare la mia puntualitá. Ed a Vostra Signoria illustrissima bacio riverentemente le mani, ecc.

Napoli, 11 giugno 1712.