L'assegnati
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L’ASSEGNATI.[1]
Ecco si cche vvòr dì de stà[2] ddu’ mesi
Drento in concràudio[3] e ffà li Papi frati:
Se svórtica er budello[4] a li paesi,
Eppoi s’ha da ricurre all’assegnati.
Quanno che li stampòrno li Francesi,
Ce restàssimo[5] tutti cojjonati.[6]
So’ ccartacce da culo: e cchi l’ha spesi
All’un per cento o ar dua, nun l’ha bbuttati.
Io, co’ st’orecchie, venti vorte in fila,
L’ho inteso oggi ar vangelio, che dde sbarzo[7]
Ce ne vonno appoggià ddodisci mila.[8]
Vedi che llume de luna de marzo![9]
E cquanno er prete a mmessa te le sfila,
Pijjesce puro[10] un giuramento farzo.
Note
- ↑ Carta moneta della Repubblica Gallo-Romana. [Questo sonetto è senza data; ma mi pare che stia bene qui, per l’affinità che ha col precedente, di cui vedi specialmente la nota 4.]
- ↑ Ecco se che vuol dir di stare.
- ↑ Conclave. [Gregorio XVI, già frate benedettino-camaldolese, fu eletto papa dopo sessantaquattro giorni di Sede vacante, e cinquanta di conclave.]
- ↑ Si rivolge; si esaltano. [Allude, s’intende, ai moti rivoluzionari cominciati appunto mentre Gregorio veniva eletto.]
- ↑ Ci restammo.
- ↑ Gabbati.
- ↑ D’un colpo.
- ↑ “Duodecim milia signati.„ [Queste parole ricorrono davvero, non venti, ma dodici volte in fila, nel breve passo del cap. 7 dell’Apocalisse, che dà a ogni tribù d’Israele dodicimila segnati in fronte come servitori di Dio, e che si legge nella messa d’Ognissanti.]
- ↑ [Vedi che piccola bagatella!]
- ↑ Pigliaci pure.