L'asino (Guerrazzi, 1858)/Parte III/Conclusione
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CONCLUSIONE
§ XVI.
Gli Asini aborrono le perorazioni. Ipperide e Frine. Dopo la fine del mondo i re hanno da mantenere la data fede. Istanza finale dell’Asino.
Le perorazioni abborro: queste inventarono avvocati, saltambanchi, ed oratori imbroglioni ogni volta si trovavano corti ad argomenti per raspare al cuore matto quello che la mente sana ricusa: e avverti altresì, che per muoverti a compassione io non potrei stracciarmi i panni e mostrarti le mie ignude bellezze, come già Ipperide fece a Frine davanti al tribunale degli Eliasti, costumando io usare una veste sola, che madre Natura mi diè, e rappezzata adesso con miseranda industria per comparire orrevole dinanzi al regio cospetto.
Se vero pertanto è, come dimostrai verissimo, che gli uomini non fossero più innocenti, nè più savii, nè più felici di noi, perchè dovrebbero eglino andare in su e noi giù? Questa sarebbe iniquità espressa. Tu questo hai dichiarato, o re, e tu questo mantieni: rammentati che il mondo è finito, i principi smessi, e non potresti, senza muovere a riso tutta la repubblica dei morti, proclamarci acerbi dopo averci banditi maturi; ed abbilo per inteso.
Per tutte le quali ragioni, e per tutte quelle altre, che per buoni rispetti si tacciano, costituito in giudizio faccio reverente istanza, affinchè con solenne decreto tutte le Bestie in generale, e gli Asini in particolare, sieno dichiarate degne della immortalità a pari delle altre Bestie, che si chiamano uomini. Ho detto.