L'amore paterno/Nota storica
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NOTA STORICA
Chi diede al teatro il capolavoro dei Rusteghi, dovette trepidare assai quando si trattò di comporre una commedia nuova pel teatro di via Mauconseille ch’era stato chiamato a dirigere. Troverò a Parigi (chiedevasi egli) «l’indulgenza de’ miei concittadini?» «Sono poco pratico del francese, e quand’anche lo sapessi, devo scrivere per attori italiani, avvezzi come del resto il pubblico, alla commedia improvvisa. Lodo anch’io lo spirito e la prontezza di questi artisti» (figuriamoci un Pantalone incarnato nel Collalto, e un Arlecchino della valentia del Bertinazzi!) «ma di rifar scenari per la commedia dell’arte, non me la sento. E d’altronde scrivendo nella mia lingua, sarò da tutti compreso?» Affacciavagli tal dubbio anche l’amico Meslé, che gli tradusse in francese l’estratto di questo Amor paterno, in cui G. stesso, ad agevolarne il comprendimento, aveva chiarito il soggetto, scena per scena. (V. sua lettera al Meslé in Comm. ed. Pasquali, t. V, ov ’è anche la risposta del Meslé; Lettere di C. G. edite dal Masi pp. 197-98; Extrait de l’Amour paternel, Paris, chez Duchesne, 1762; e lett. di G. da Parigi 24 ottobre 1762 in C. G. e il teatro di S. Luca del Mantovani, p. 160, dove l’A. intitola la commedia: il Padre contento).
Un piccolo sunto se ne legge inoltre nei Mémoires «qui vaut peut-être mieux que la Pièce» (III, 4); ma tanto fa che diciamo anche noi brevemente di cosa si tratta. Rammentate nella Serva amorosa Corallina, ch’ospita con meraviglioso disinteresse l’infelice Florindo, scacciato dalla casa paterna per l’astio della matrigna? Lo stesso fa qui Camilla, già cameriera delle due figlie di Pantalone, provetta verseggiatrice l’una, l’altra brava musicista; ma con questo di meglio, che Camilla, avendo accumulato dei risparmi, può prestare ai vecchi padroni ogni aiuto possibile. La buona donna deve però vivere in intimo contrasto tra la compassione per costoro e l’amore per Arlecchino, che le sta ai panni pel suo gruzzolo e s’allarma di continuo di tanto costosa generosità. Per fortuna le figliuole di Pantalone azzeccano due galantuomini, che impietositi e insieme invaghitisi delle loro grazie, si decidono là per là a sposarle; e Arlecchino fa lo stesso con la fida Camilla.
Commedia dunque di carattere; trama leggera; il dialogo, fluido; ma lo scioglimento precipitato; e i personaggi, eccettuata forse Camilla (ch’ebbe ad interprete la famosa Veronese), mancanti di nervi e di polpa, compreso Pantalone, ch’è una marionetta come gli altri, senza verità negli sconfinati e perpetui elogi alle virtuose figliuole. (Cfr. Schedoni Princ. mor. del tea. Modena, 1878, pp. 74 e 116). Si capisce perciò che la produzione abbia avuto mediocre successo, malgrado i complimenti diretti dall’A. per bocca de’ suoi personaggi ai Parigini, ond’anzi qualche critico forse troppo arcigno lo rimproverò di questa «inutile umiltà», per esempio il Caprin (C. G., la sua vita ecc., p. 197).
Lo stesso G., sebbene parli di buon esito (V. Premessa), scrive poi secco secco nei Mém. «ch’ebbe solo quattro rappresentazioni» (cap. cit.). Che se nel Mercure de France (Paris, 1763, Mars, Coméd. ital., p. 208) sta cortesemente scritto la commedia datasi per la prima volta il 4 febbr. 1763 essere stata «très applaudie par les Spectateurs en état de sentir les beautés de la langue italienne», e poco dopo che «on a donné le 22 la troisième représentation de l’Amour pat., que l’on continue dépuis avec succès, ainsi qua celles d’Arlequin cru mort, comédie en un acte de M. Goldoni, representée pour la première fois le 24, avec beaucoups d’applaudissements» (ibid. p. 210); se a dir del D’Origny «on l’a retrouvée sagement conduite et bien dialoguée» (Annales du Th. ital. a Parigi, Duchesne, 1788 vol. II, p. 15); crediamo che il Grimm fosse più veridico, per quanto quasi brutale, qualificando la commedia addirittura «un mélange monstrueux de pathètique et de boutonnerie» (Correspond. litter. Ediz. 1878, V, 276).
La medesima Du Boccage, «così indulgente al Goldoni» (osserva il Concari nel suo Settecento, p. 123), con lettera datata da Parigi 30 (?) Fevrier 1763 informava l’Algarotti che «l’Amour paternel reussit a moitié»; e che, com’ella prevedeva «peu de gens ici peuvent juger du stil» (Algarotti, Opere, Venezia 1794, t. XVII, p. 123).
Inconcludente ci pare poi la diagnosi di Des Boulmiers che, esposto l’argomento, se la cava adducendo a sua scusa di non conoscere abbastanza la nostra lingua per dare un giudizio. «Se l’Amor paterno» (pensiamo insieme con Luigi Rasi) «avesse avuto un processo buono schiettamente, il Des Boulmiers che aveva alzato alle stelle il Figlio d’Arlecchino, non l’avrebbe taciuto. Dopo il successo entusiastico di questa, è ben naturale che si ascoltasse con rispetto un nuovo lavoro e magari con buon volere si applaudisse più qua più là nelle parti buone, tanto da far scrivere dal G. al Paradisi che «la commedia era fortunatamente riuscita bene» e far mettere nella prefazione di essa ch’era stata ben ricevuta e che il pubblico lo aveva incoraggiato» (Com.i Ital.,i vol. I, p. 377).
Chi non dubitò un momento che il poeta veneziano avrebbe ben presto offerto prova più ampia e sicura del suo felice ingegno, fu il Favart, il quale intese subito (scrive acutamente Edgardo Maddalena) «a mitigare l’impressione dell’insuccesso e sforzarsi di trovare alcunchè di buono in questo fiacco lavoro» (G. e Favart, Venezia 1899, p. 17). Ascoltiamo anche lui: «Il y a, jusque dans la moindre scène, des traits que décèlent le Molière de l’Italie. On a surtout admiré une petite scène» (la II del III atto) «d’attendrissement entre Arlequin et Camille que V. Exc.» (il conte di Durazzo a cui così scriveva il F. nel 6 febbraio 1763) «pourra remarquer dans le programme que M. Goldoni lui a envoyé. Cette scène prise dans la nature a produit tout son effet. On a battu des mains aux sonnets et a la cantate et tout ce qui a rapport allégoriquement au personnel de M. Goldoni a été applaudi de même. Mais on a remarqué que le titre de sa pièce n’etoit point rempli, et qu’au lieu de l’intituler l’Amour paternel, il falloit la nommer la Suivante généreuse» (rilievo assai giusto, perchè è Camilla la vera protagonista). «Malgré toutes les beautés dont ce drame fourmille, notre public ne le regarde que comme le prologue de ce que donnera dans la suite notre auteur italien. Ce n'est point l’esprit de critique qui me fait parler, je ne suis que l'écho du parterre; et je serais toujours prêt a batailler envers et contre tous pour soustenir la réputation de notre avocat venitien, que je regarde comme l’avocat de Thalie et du bon goût» (Mém. et Correspond. littér. dramat. et anecdot. Paris, Collin 1808. T. II, pp. 67-68). Citiamo ancora il Rabany, pel quale la commedia «est une pièce des plus faibles de G.», la scena della riconciliazione «fait songer au Dépit amoureux», il personaggio di Silvio «est visiblement inspiré du Misanthrope» (C. G. Le Théâtre ecc., pp. 233, 259, 262); e Chatfield-Taylor che la stima «stereotyped, though nimble comedy» (Gold. A Biography, New- York, 1913, p. 503).
Dei critici nostri, anche per Galanti è «un mediocre lavoro, accolto più con benevolenza che con festa» (C. G. a Venezia nel sec. XVIII, p. 435); per Maria Ortiz «men che mediocre», e critica con buon fondamento il Falchi, che, tutto dire, mette questo Amor pat. insieme al Bourru tra le produzioni notevoli di Goldoni a Parigi, più curando al solito gl’intendimenti sociali dell’A. che il pregio artistico dell’opera (Rassegna goldon. in Giorn. storico della letter. ital. LII, 154-155, p. 194); finalmente Attilio Momigliano, cui sembra «senza nessun’azione, nemmeno quella necessaria perchè si riveli un lato d’un carattere; lo stesso contrasto fra i due sentimenti di Camilla appare mal posto ed ineguale, anche perchè la triste condizione di Pantalone e delle figlie non ha evidenza» (I limiti dell'arte goldon. in Scritti Vari in onore di Rod. Renier, p. 85-89).
Di recite in Italia, appena una al S. Luca di Venezia nel carnevale 1762 m. V., ossia 1763, qualmente si rileva dall’archivio di detto teatro, e da una lettera dell’A. punto contento che i comici l’avessero imbastita sulla traccia dell’estratto, spacciandola per cosa sua (v. nel libro del Mantovani già cit., p. 162), e due in Firenze al teatro di via del Cocomero, 13 sett. e 5 ott. 1775, a quanto si desume da due ottave di Jacopo Corsini (Ottave cantate nel tea. di via del Cocomero, Firenze 1776-77).
Di versioni, due solamente: una tedesca del Saal (Des Herrn Q. sämmtl. Lustsp., voi. I, 1767), ed una spagnuola inedita, dal titolo: El amor paterno o la criada reconocida (Catal. de las piezas de teatro e nel departamento de manuscritos della Bibl. Nacional, Madrid 1899, n. 167). G. dedicò l’Amor pat. «a Sua Eccell. il Signor Gio. Domenico Almorò Tiepolo», ambasciatore di Venezia a Parigi, al quale scrive «ritrovarsi contento in quella grande capitale», ma «aver sempre la patria in cuore», la patria comune. Era nato il Tiepolo nel I726 da Francesco e da Cornelia Mocenigo, e morì a Ginevra, mentre faceva ritorno a Venezia, come racconta pure il G. nelle sue Memorie III, 7 (v. Diario Veneto, 7 genn. 1765). È ricordato nelle lettere della signora Du Boccage all’Algarotti (Algarotti, Opere, ed. cit., t. XVII, pp. 60-61, 109): il Tiepolo stesso aveva chiesto nell’autunno del 1762 alla dama francese il permesso di presentarle il Goldoni.C. M
L’Amor paterno fu stampato la prima volta l’anno 1763 nel t. V dell'ed. Pasquali, a Venezia, e fu ristampato l'anno stesso a Bologna (a S. Tomaso d’Aquino, t. II). Uscì di nuovo a Venezia (Savioli Xll, 1771 e 74; Pilteri 74; Zatta cl. 2, t. II, ’90; Garbo XII, ’96), a Torino (Guibert e Orgeas V, 72), a Lucca (Bonsignori V, ’88), a Livorno (Masi Xll, ’90) e forse altrove nel Settecento. — La presente edizione seguì il testo più curato del Pasquali e dello Zatta.
L’Extraìt de l’Amour Paternel, stampato in Appendice, è riprodotto dall’originale che uscì a Parigi nel 1762. Le note a piè di pagina appartengono al testo francese.