L'amor coniugale e le poesie d'argomento affine/De amore coniugali/Libro I/I

I. Ad Elegia

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De amore coniugali - Libro I De amore coniugali - II
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I

AD ELEGIA1


Vieni e il tuo fulgido crine d’un ramo di mirto contorna,
vieni: le chiome adorna, o elegia, divine,

e che di nuova splenda bellezza il tuo corpo concedi:
fino ai tuoi nivei piedi lenta una veste scenda.4

Vaga di molli baleni la perla del mare eritreo
splenda, lucente neo, fra i tuoi piccoli seni.

Rida sul collo tornito, sugli omeri un aureo decoro:
ama i monili d’oro il serico vestito.8

Stringa una fibbia d’oro la veste sui seni raccolti,
sporgano dai risvolti lucide frange d’oro.

L’arabo nardo spiri fragrante mollissima un’onda,
dove tu vada effonda scie di profumi assiri.12

Vengano ancor le care tue vergini Grazie, cui giova
danze con arte nova volgere ed intrecciare.

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Di Venere tu il figlio nei primi suoi anni lasciva
guidi con opra attiva, reggi col tuo consiglio,16

e quando dell’arco riposa ei l’ozio a godersi piú ameno
sopra il tuo caldo seno, candida ninfa, posa.

Onde serbare eterna la tua gioventú Citerea
ti diè, benigna dea che tua beltà governa.20

Onde tu ai furti meni audaci dei giovan gli amori
tutti conquisti i cuori con le carezze leni.

Vieni, deh, dunque e avviva, ma con molle plettro la lira
suono piú dolce ispira alle sue corde, o Diva:24

poi che a te già fu padre Mercurio2 e nell’opra cortese
i lirici ti apprese canti l’Eurimia madre;

anzi tu già provavi (a quanto ancor narrasi almeno)
corca su molle fieno, furti d’amor soavi:28

quando scorrendo le spiagge paterne dell’Umbria, ti piacque
sostar presso dell’acque del Clitumno selvagge.

Quivi scorgesti nuotante per l’acque del fiume quel Dio
e préseti desio teco d’averlo amante:32


“Qual gioia mai per l’onde? non offrono i prati, o fanciullo,
comodo piú il trastullo, gioie assai piú gioconde?

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Con la vïola fine comporre tu puoi una molle
ghirlanda e di corolle cingerti il biondo crine.36

Qui nell’ombrosa frescura potresti nel sonno pur anco
stendere il corpo stanco tra i fiori e la verzura.

Coro di Driadi giulíe ne invita sull’erba alle danze
con le molli fragranze, le dolci melodie.”40


Preso da súbito ardore seguendo la forma tua bella
della voce sorella ch’arse dei numi il cuore,

teco dall’acque usciva tra i salci il dio giovinetto,
candide a te sul letto verde le membra univa:44

sotto le viti e gli olmi giaceste all’amplesso iterato
stanchi, ma pur del grato mutuo piacer ricolmi.

Onde io ti prego, mira con occhio benigno il mio amore,
canti soavi al cuore per la mia donna ispira.48


Questo cantavo, quando sorridere vidi i Penati
splendori disusati la casa illuminando.

Presso mi stette: al sorriso conobbila tosto: il pensiero
suo trasparia sincero già dall’apparso viso.52

Dal colmo sen le rose versava ed i molli giacinti
e al giallo croco avvinti i gigli e le vïole.

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Quivi cantò: le corde col plettro d’avorio percosse
e la seguace mosse voce col suon concorde.56

“Deh!3 non voler la ricchezza al verso anteporre beato,
né con un vil mercato vender la tua bellezza!

non loderei per nulla se per la volgare moneta
abbandoni un poeta una cólta fanciulla.60

Dono è d’un dio la bellezza, né può cambiarsi con oro,
del terreno lavoro è l’avida ricchezza.

Bella, raffrena il desio: la bianca vecchiaia veloce
temi, la diè precoce agli affannati Iddio.64

L’oro è delitto e vergogna davanti alla dolce poesia:
fida, o fanciulla mia, in ciò che il cuore sogna.

Odia anche il lusso: mille le lunghe tue noie nei cuori,
per i vagheggiatori, d’odio saran scintille.68

Mentre sprezzante Cermena4 e sorda di Glauco al desio
fugge l’amante Dio di sua bellezza altera,

irrigidíano le care sue membra ed in sassi mutate
battonle l’onde irate del tempestoso mare,72

scoglio malfido restando pur oggi: le navi natie
a piú sicure vie le vele allontanando.

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Non ricercar peregrine eleganze, ma fogge modeste:
semplice piú la veste anche sarà piú fine.76

Ben acconciati i capelli, le pieghe al vestito eleganti,
gli abiti ai cuori amanti piaccion leggiadri e belli.

Parca d’accenti e pudica nei detti, il virgineo rossore
sembra che piú al candore del viso tuo s’addica.80

Usa degli occhi tuoi a sguardi or modesti or fiammanti
se conquistar gli amanti e conservarli vuoi.

Segui in amore l’orme d’un solo: piú forte può amarti:
meglio convengon l’arti semplici a belle forme.84


Venere scorsi un giorno che là nella selva Dodona
si componea la chioma bionda in un modo adorno:

ecco allo specchio i capelli s’acconcia, e ai suoi piedi festanti
ilari e cinguettanti, simili a lei, gli augelli88

plaudon battendo l’ali, coprendola d’esili baci
all’armonie seguaci dei balbettii vocali.

Mite la dea di quelli lodò l’amorevole cuore:
“Specchio di fido amore, disse, saran gli augelli.”92

Se troppo è ben vestito, se porta dipinte le chiome,
giovin che díati il nome non sceglierti a marito;

vano è costui: di cuore mutevole sempre e leggero
non prèndati pensiero di cosí incerto amore.96

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Ecco un arguto poeta che t’ama e la fronte circonda
già d’apollinea fronda: non ne saresti lieta?

Seco ti vuol pur anco se moglie non essergli brami,
ne’ dí lieti e nei grami sempre sarà al tuo fianco.100

Purché a te piaccia egli vuole all’orride pugne mischiarsi,
o all’ultime recarsi scitiche piagge sole.

Né resterà se avvampi il sole le libiche arene
o splendan le serene Orse ai gelati campi.104

Ti resterà fedele dall’alba alla candida sera:
sarà la vita intera una luna di miele.

Quando goder tu puoi l’ossequio di un’alma a te cara
non la vecchiezza è amara, gravi non gli anni tuoi.108

Qual gioia mai ti molce se gli anni tuoi belli ozïosa
vivi, il piacer di sposa senza goder sí dolce?

Ti loderanno se il rito di Venere compia sponsale
nell’abbraccio legale del tuo caro marito.112

Come senz’acque il fiume, o stelo di fior non adorno,
qual senza sole il giorno e notte senza lume,

letto cosí non piace se all’ombra delizïosa
con allettante sposa pari un amor non giace.116

Pur io con nodo stretto al caro Clitumno abbracciata
riposo abbandonata sul desïoso petto.

Venere piú della luce ha cari i notturni piaceri,
(accende essa i doppieri e l’alba essa conduce).120

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Vieta che sola a dormire t’indugi nel vedovo letto;
vergine, il suo precetto saggia non vuoi seguire?”

Disse, e uno scettro d’alloro leggero le tempie mi sfiora.
La visïone allora cinse una nebbia d’oro,124

poi dileguò sui venti: segnando l’aerea sua via
con la flagrante scia delle chiome fluenti.

Mentre divampa la forza del fuoco e l’incendio propaga
mentre per me la vaga dea la sua lira accorda,128

tu pure, o vezzoso fanciullo, tu vuota per me la faretra:
è la lirica cetra caro d’amor trastullo.

Ardi, ferisci, o Amore: non io del tuo imper mi lamento,
piú gode nel tormento quando infocato è il cuore:132

molle piú il verso allora, piú lieta sarà l’armonia
ch’esce fluendo via dalla bocca sonora.

Tu ancora. Ariadna, il mio fiero furore alimenta e consola:
Vieni, tu sei la sola pace del mio pensiero.136

Dura, o speranza, a chi prega non essere e ostile al sembiante,
un eterno d’amante vincolo a te mi lega.

Siami, ti prego, pietosa: per te mi consumo d’affetto,
compagna del mio letto, cara futura sposa.140

Ch’io possa felice marito d’Imene col grato favore,
frutto di tanto amore, pórti l’anello in dito.


Note

  1. Di cui il P. fa una ninfa innamorata del dio Clitumno. La poesia è del 1462, anno del suo matrimonio con Adriana, o di poco anteriore.
  2. Mercurio ed Eurimia: padre e madre della ninfa Elegia. Eurimia è nome foggiato dal P. stesso e significa dal bel ritmo.
  3. Elegia dètta al P. i versi per Ariadna, come se Ariadna stessa fosse a lei presente.
  4. Perché Scilla sia qui detta Cermena non m’è riuscito sapere. La favola cui qui si accenna, è narrata da Ovidio e da altri in vario modo. Il P. l’adatta, come al solito, al caso suo.