L'amante militare/Lettera di dedica
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A SUA ECCELLENZA
IL SIGNOR
GIOVANNANTONIO RUZZINI 2.°
PATRIZIO VENETO 1.
Ella ama la magnificenza in tutte le cose che appartengono alla vita civile, ma questa siccome è proporzionata alla ricchezza del suo patrimonio, non procede certamente dall’ambizione, come può dirsi da chi oltrepassa le misure nelle quali si trova costituito, ma dall’animo generoso e discreto che rende giustizia a se medesimo nell’uso proporzionato de’ proprj beni, e dona alla società quello che non è necessario all’economia. Questo è saper vivere, ed io medesimo ho goduto più volte gli effetti di quella generosità, ch’ella è solita praticare non solo cogli amici suoi, ma eziandio con i suoi servidori.
Diranno i miei nemici anche questa fiata, che per vanità gloriare io mi voglia d’essere stato a parte delle generose di Lei finezze; ma dicanlo pure, ch’io perdono loro di buona voglia ciò che negar non saprei. Sì, egli è vero, son vano, sono ambizioso di un tanto onore; e chi non lo sarebbe se fosse nel caso mio? Chi è colui che non brami la protezione di V. E., ed esultar non sapesse veggendosi da Lei con tanta benignità accolto, compatito e beneficato? Sanno eglino cotesti invidiosi chi sia l’E. V.? Troppo Ella è nota, per non saperlo. Sono più secoli che la Repubblica Serenissima vanta fra le primarie originali Famiglie de’ suoi Patrizi il nome illustre e magnanimo de’ suoi RUZZINI. L’Augusto Senato li ebbe in pregio in ogni età, in ogni grado. Il Serenissimo Doge, zio paterno dell’E. V., dopo avere sparso per tutta l’Europa la fama del di lui merito e del di lui sapere colle Ambasciate e colle Plenipotenze ai Monarchi più venerabili della terra, ha ricevuto il premio che gli si doveva dalla gratitudine dell’Augusta sua Patria nell’aureo Manto, ed egli novelli fregi a questo eccelso grado ha accresciuti. Anche il Fratello degnissimo dell’E. V. va le medesime vie calcando, Savio della Repubblica e Ambasciatore al Re Cattolico per la medesima.
Ma senza più trattenersi su gl’infiniti meriti di una Famiglia cotanto eccelsa, quelli dell’E. V. a chi non sono palesi? La prontezza del di Lei spirito, la chiarezza dell’intelletto, la facilità de’ pensieri sublimi e della comunicativa, non sono prerogative che la rendono distinta, ammirata? E descendendo alle qualità personali che sono più dall’universale degli uomini conosciute, la dolcezza del tratto, la generosità, la brillante, moderata e gentilissima maniera del conversare, non innamora chi ha la fortuna di esserne a parte? Sì certamente, posso anch’io renderne conto a chi non ne fosse informato; che se non ho talenti per mettere in pratica le virtù, ho però l’uso di conoscerle e di ammirarle.
V. E. merita essere per questa ragione dagli uomini riverita ed amata. Io dovrei più d’ogni altro darle del mio rispetto e dell’umile affetto mio un qualche segno, ma non potendo farlo sì degnamente che a Lei convenga, lo farò in quelle misure almeno che alla bassezza mia fian permesse.
Una commedia all’E. V. offerisco, dono sproporzionato alla grandezza sua; ma che a me costa sudori, poichè se il Mondo crede che facilmente dall’intelletto mio e dalla mia mano escano queste Opere che giornalmente produco, di gran lunga s’inganna; e se misurar si vuole la supposta facilità dall’abbondanza delle produzioni, risponderò che la necessità e l’impegno mi costringono a farlo collo scapito del mio riposo.
L’Amante Militare, che io consacro all’E. V., non è argomento che corrisponda alla di Lei situazione; ma il carattere dell’Eroe principale di questa mia Commedia può in Lei riconoscersi perfettamente. Un Uomo che apprezza l’onore più della vita, che è pronto a sagrificare tutte le sue passioni pel suo dovere, pel suo decoro, è un ritratto fedelissimo di V. E. Della tenera passione amorosa tutti gli uomini capaci sono, perchè con questa son nati: ma il saper vincerla per l’onore, allora quando violentemente ad oscurarlo s’avanza, è una virtù che non è comune; è la virtù che rende ammirabile il mio Protagonista; è quella che potrebbe in un caso simile con somma facilità segnalarsi nell’animo di V. E., a cui profondamente m’inchino.
Di V. E.
Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Serv. |
- ↑ Questa lettera di dedica uscì la prima volta nel t. V dell’ed. Paperini di Firenze, in principio dell’anno 1754.