L'affanno e 'l gran dolor, ch'io meco porto
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a cura di Aldo Francesco Massera
XIII secolo
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Questo testo fa parte della raccolta I. Rustico Filippi
XXXVIII
Le sue pene amorose sono grandi fuor d’ogni paragone.
L’affanno e ’l gran dolor, ch’io meco porto,
mi dovria mille fiate avere auciso;
ma, per la dismisura, non son morto:
4ché men dolor m’avria morto e conquiso.
Ch’io son degli smarruti capo e porto,
si come d’ogni gioia paradiso;
adunque, chi ha pena e disconforto
8con meco in nullo logo sia commiso.
Per ch’io voglio esser de l’altrui mal miro,
e voglio a ciaschedun dar guerisgione,
11veggendo lo mio pianto e lo sospiro.
Non avran mai dolor né pensasgione,
tant’è lo male, ch’io con meco tiro:
14per che di meo morir non è stasgione.