L'aes grave del Museo Kircheriano/Del peso e valore dell'aes grave
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DEL PESO E VALORE DELL’ AES GRAVE
La qualità e quantità del metallo sono state in ogni tempo la giusta regola del valore della moneta. Del qual valore volendo noi ora dir poche cose, stimiamo opportuno l’ accennar brevemente a quelle ragioni di civile economia, che furono guida al ritrovamento e ordinamento della moneta medesima. Erano i venditori e compratori che si creavano quest’arte, per procacciare a’ traffici sicurezza e comodità sempre maggiore. Con togliere l’ aes rude dall’ arbitrio de’ privati, i quali per ingiusta cupidità potevano in troppe guise snaturarlo e corromperlo, e con affidarlo a’ publici magistrati, acciocché con imparziale giustizia il ponessero a severo esame, il dichiarassero di sincera natura, il marcassero con le impronte della loro autorità, stimarono d’avere ottenuta la sicurezza, di che andavano in traccia. Con eguale providenza si assicurarono altresì della comodità, di cui avevano egual bisogno. Stabilirono, che in luogo d’introdurre usanze speciose e forse malagevoli, la moneta nuova, ch’era l’aes grave signatum, si conformasse all’aes rude ch’era la moneta antica. I pesi ed i numeri con che apprezzavansi le altre tutte merci, ed era altresì la misura dell’aes rude, continuassero ad essere quella dell’aes signatum. Questi riducevansi alla libra o asse il quale dividevasi o in due semissi, o in tre trienti, o in quattro quadranti, o in sei sestanti o in dodici oncie. I decussi, i quinipondj, i tripondj, i dupondj e le semoncie, sia col salire sopra la libra, sia con lo scendere sotto l’oncia, non alterano, ma dilatano queste comodissime misure. Talché con avvantaggiarsi di tutti i miglioramenti della nuov’arte, i nostri mercadanti si rimasero nella precedente loro comodità, senza aver avuto mestiere di crearsi neppure un nuovo vocabolo, per aggiungere chiarezza al loro linguaggio.
La nuova istituzione da questo lato non poteva dal tempo ricevere alcun perfezionamento. Da una città, da un popolo, da una provincia vediamo l’arte propagarsi ad altra città, ad altro popolo, ad altra provincia. Ma in tale propagamento quelle gare, che d’altronde abbiamo ragione di credere essere state tra loro molto ardenti, paiono al tutto spente. Niuno studia o introduce nuovi sistemi. Perchè a tutti sta a cuore la facilità e rapidità del commercio, perciò tutti vogliono rendere universale quel primo ritrovamento, che tronca ogn’indugio e difficoltà.
Con queste lodi siamo ben lontani dal voler dare a credere a chichesia, che il peso delle nostre monete primitive fosse così esatto, come il dovè essere ne’ tempi posteriori quello delle monete coniate in bronzo, argento ed oro. Non può dubitarsi, che da’ primi autori dell’aes grave si volesse ottenere questa severa esattezza. Ma quanto è agevole il tagliare e sminuzzare in eguali e giuste misure il metallo freddo, tirato in verghe; altretanto sono ardue le difficoltà d’una somigliante operazione, ove trattisi del metallo squagliato e bollente entro a’ crogiuoli. Sfrenata al tutto e indomabile è l’indole de’ metalli ardenti: per cui si meritano pure un qualche compatimento que’ buoni artefici, se non seppero sempre raggiungere quella precisione di pesi, per cui tanto affaticavano. Nè gli antichi scrittori nostri, che sono di parecchi secoli posteriori all’abolizione di cotal moneta fusa, han saputo darci a conoscere, se vi si adoperava un qualche provedimento per sottrarsi a’ leggeri o gravi danni di cotali disuguaglianze; o se il soperchio d’alcune monete si tenesse per giusto compenso del difetto d’alcune altre. Lascieremo che altri s’introduca in somiglianti investigazioni, contentandoci d’avvisare gli studiosi, che un vero giudizio su tali pesi non può istituirsi, se non sopra un certo numero di esemplari diversi e ben conservati.
Il tempo svelerà a’ posteri nostri quante e quali sieno state le città dell’Italia media, le quali, veduto il sicuro e comodo trafficare ch’era quello che facevasi col mezzo della nuova moneta, se ne recarono in casa l’utile artifizio. Pare che in qualche provincia quelle tutte che si reggevano da se, si avvisassero, che lo stampare moneta propria potevasi avere a solenne argomento di sovranità e indipendenza. Fu nostro danno, che in quella prima infanzia dell’arte non seppero egualmente avvedersi, che su questa moneta potea ciascuna scolpirvi almeno il proprio nome.