L'adulatore/L'autore a chi legge

L’autore a chi legge

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Lettera di dedica Personaggi
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L'AUTORE

A CHI LEGGE.1

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N
ON vi è fra gli uomini il più pernicioso alla società, oltre il perfido adulatore; poichè distrugge negli animi quel rossore, ch’è talvolta freno alle colpe, e colorisce i vizi talmente, che più non si ravvisano da chi li coltiva, ed è disperata l’emenda.

Io abborrisco in sì fatto modo gli adulatori, che non mi sazierei d’ingiuriarli, per quanto scrivessi in discredito della loro arte maligna, scandalosa, inumana. Mi sono contro di essi sfogato un poco nella presente Commedia, e non l’avrei finita sì presto, se dalle leggi del tempo non fossi stato costretto a non oltrepassar le misure. Avevami trasportato il mio irritamento contro costoro a far avvelenare l’Adulatore, e a presentarlo al Popolo moribondo [p. 430 modifica] a confessar le sue trame, mandandolo a finir di vivere tra le scene, accompagnato dalle ingiurie e dalle maladizioni de’ spettatori. Ho conosciuto col tempo, che il tragico fine dell’uomo indegno non lasciava di rattristare i più sensitivi all’umanità, e che l’orror della morte, benchè dovuta ad un empio, facea partir melanconici gli uditori, onde ho cambiato il di lui destino, mandandolo in ferri in potere della Giustizia, da che si prevede, se non si vede, il di lui castigo, con meno orrore del Popolo, e con più lieto fine della Commedia.

So che taluni han detto non essere Don Sigismondo un Adulatore, ma un Ministro infedele, un uomo disonesto, un usurpatore. Egli è tutto quel ch’essi dicono, ma servendosi, per arrivare a’ suoi fini, dell’adulazione, io lo trovo un accortissimo adulatore. Niuno adula per il semplice piacer di adulare. Non lo farebbe, se non aspirasse a profittare dell’arte indegna, ed è necessario che si veggano i tristi effetti di chi gli crede. Io non ho scelto un adulator del bel sesso, contento di cattivarsi la buona grazia soltanto di qualche vana bellezza; sarebbe troppo leggiero il carattere per colpir dalle scene. Nè tampoco mi son contentato di un Adulatore grazioso, vago di amicizie e di protezioni. I vizi mezzani non imprimono tutto quell’odio, che si vuol destare contro la ribalderia, ed è necessario tingere di colori forti il Protagonista, perchè sia rimarcato. Ecco un Adulatore sfacciato; eccolo al fianco di un Padrone semplice e malaccorto; eccolo immerso nel pelago delle insidie, degl’inganni, delle ragioni. Odiatelo, amici, ch’ei ben lo merita, e Dio vi guardi dalle pessime arti di cotal gente, che sono l’ira del Cielo e l’obbrobrio degli uomini.

  1. Fu stampato, come segue, per la prima volta nel tomo III (1762) dell’ed. Pasquali di Venezia. Altrimenti si leggeva nel t. III (1753) dell’ed. Paperini di Firenze: «Troppo onore vien fatto a questa Commedia dalla Ed. del Bettinelli, in cui nel T. IV, in un fogliaccio senza numero, precedente alla Commedia dell’Adulatore, dicesi essere stata applauditissima per tutto, dove la Compagnia ne fece le rappresentazioni, per lo più ricercate con molta avidità. Io ho piacere che delle mie Commedie si dica bene, e se non avessi fatto che questa sola, monterei in superbia sentendo dire che fosse con avidità ricercata. Ma siccome tant’altre Commedie mie furono più di questa felici, vuole la mia ingenuità ch’io dica non esser vero ch’ella riuscisse applauditissima per tutto, e molto meno che siasi replicata in Venezia fra l’Autunno e il Carnevale diciotto sere. L’Editore fra gli altri infiniti errori averà fatto anche questo, d’appiccare all’Adulatore un’annotazione che era forse preparata per qualche altra Commedia; e ciò rilevasi maggiormente, perchè non fu per la prima volta recitata in Milano, com’egli dice, ma in Mantova la Primavera. Chi diamine ha detto allo Stampator di Venezia che io nella mia Ed. Fiorentina voleva alle Commedie premettere nei Frontespizj cotali annotazioni? Egli mi ha prevenuto, in grazia di qualche mio buon amico; ma almeno lo facesse a dovere, con verità. - L’Adulatore non posso dire che sia stata Commedia universalmente dispregiata, ma non fu universalmente gradita. Piacque in Venezia, e fu rappresentata cinque, o sei sere, con moderato concorso. A Mantova poco piacque, ed a Milano meno. - Dirà taluno: che perdi tu a far credere che la tua Commedia vaglia più di quello che tu la stimi? Sì, ci perdo: voglio dire la verità. Se chi la legge, non la trova corrispondente all’annotazione ampollosa, può scemare la stima a tutte le altre, che con maggiore verità l’averebbero meritata. Dunque si concluderà per questo che sia l’Adutatore una cattiva Commedia? Corbelli! Non son sì pazzo a dirlo, e non lo credo assolutamente. So quanta fatica mi costa. Non è Commedia di gran passione, di grand’intreccio; non interessa, come tante altre fanno; ma e Commedia che forse cinque anni sono averebbe meritato l’elogio dello Stampator Veneziano».