L'Isottèo/Ballata e sestina della lontananza/Sestina
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SESTINA.
Quando più ne’ profondi orti le rose
aulivano per l’aria de la sera
e mesceasi a quel loro tepido fiato
sapor di miele da’ pomari d’oro,
5venne Isaotta un tempo a le mie braccia,
candida e mite quale a maggio luna.
Non sì dolce chinò li occhi la Luna
su ’l suo vago sopito in tra le rose
Endimion, tendendo ambe le braccia,
10(splendeva il Latmo a la vermiglia sera,
cui bagnano i ruscelli in vene d’oro:
sol de’ veltri s’udia l’ansante fiato)
com’ella sovra me. Caldo il suo fiato
io sentìa su ’l mio volto, ed a la Luna
15vedea brillare la cesarie d’oro
cui cingevano i miei sogni e le rose.
Fulgida aurora a me parve la sera,
ne ’l cerchio de le sue morbide braccia.
Dolce cosa languir tra le sue braccia!
20Dolce, languendo, bevere il suo fiato!
Voci correan d’amor per l’alta sera;
e bramire s’udian cervi a la Luna
da’ chiusi, e Agosto a l’ombra de le rose
cantar soletto in su la tibia d’oro,
25e a quando a quando, come in vaso d’oro
pioggia di perle, da le verdi braccia
de li alberi che misti eran di rose
le odorifere gemme ad ogni fiato
d’aura cader su’ fonti ove la Luna
30piovea gli incanti de l’estiva sera.
O donna ch’anzi vespro a me fai sera,
cui Laura è suora ne le rime d’oro,
deh foss’io, come il vago de la Luna,
addormentato, e alfin tra le tue braccia
35mi risvegliassi e bevere il tuo fiato
potessi ancora, in letto alto di rose!
Tu la Bella vedrai diman da sera
e a lei ricingerai le chiome d’oro,
canzon, nata di notte senza luna.