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LXXIV.
A SCUSA D’UN FRANCESISMO
SCAPPATO NEL PRECEDENTE SONETTO
Deh balii de la lingua, affeddiddio
Che questo a punto a punto è il vostro caso,
E voi potete pur darmi di naso
4Menando gran rumor del fatto mio.
Guardivi sant’Anton come rimaso
D’un franciosismo al laccio or sono anch’io;
E cancher venga al nemico di Dio
8Che pria la rima n’arrecò in Parnaso.
Ch’io veggio correr fuora a gran baldanza,
Pur me ammiccando con un risolino,
11Molti linguisti di molta importanza.
E’ vanno per consigli a l’Ugolino.
Deh, statevi per Dio: de l’ignoranza
14Da per me mi chiarisco, e mi v’inchino.
Or dal vostro cammino
Qua voltatevi voi primi, aramei
17Che studiate la lingua in su’ caldei,
Indïani e giudei;
E voi che fate i be’ vocabolisti,
20E voi che rivedete i trecentisti
Né mai gli avete visti,
E voi che siete sí gran barbassori
23Che pur al Gello appuntate gli errori.
Tra i magni espositori
Non manchi qui con le scritture sue
26Quel ser cotal che fu suocero al bue.
Ora stommi in tra due,
S’anche m’abbia a chiamar quelli autoroni
29Che il Leopardi affastellano e il Manzoni
Per entro i lor prosoni.
Deh sí, venite tutti a schiere a schiere:
32Che al corpo non vuo’ dir de ’l miserere
Mi farete piacere.
Ne le brache mettetemi le mani,
35Levate via la pulce, e andate sani.