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XXIX.1
BRINDISI
Beviam, se non ci arridano
Le sacre Muse indarno,
Ora che artoa caligine
4Preme i laureti d’Arno.
Gema e ne l’astro pallido
Stanchi le inferme ciglia
La scelerata astemia
8Romantica famiglia:
A noi progenie italica
Ridan gli dèi del Lazio,
La madre de gli Eneadi
12E l’armonia d’Orazio.
M’inganno? o un’aura lirica
Intorno a me s’aggira?
Fiacco, io ti sento: oh, al memore
16Convivio assisti e spira!
Or che percuote l’ungaro
Destrier la valle ocnea,
E freme il lituo retico
20Dove Maron nascea;
Or che l’efòd levitico
La diva Roma oscura,
E altier di Brenno il milite
24La sacra via misura;
Qui cupe tazze vuotansi
Secondo il patrio rito,
Ben che sia lunge l’arbitro
28Dal libero convito.
Flacco, il tuo bello Apolline
Fuggí dal suol latino
Cedendo innanzi a Teutate
32Ed a l’informe Odino,
La musa a noi da gelide
Alpi tedesche or suona,
Turba un vil gregge i nitidi
36Lavacri d’Elicona:
Noi pochi e puri (il secolo
Sieci, se vuol, nemico)
Libiamo a Febo Apolline
40E al santo carme antico.
Lenti, a che state? or s’alzino
Colme le tazze al vóto.
A le decenti Cariti,
44Ecco, tre nappi io vuoto.
Sacro a’ sapienti è il numero
De i nappi tre: ma nove
A noi ne chieggon l’impari
48Figliuole ascree di Giove.
Né san le dive offendersi
Del temperato bere,
Né tu discordi, o Libero,
52Da le virtú severe.
Anch’ei la tazza intrepido
Catone al servo chiese,
Poi ripensando a Cesare
56Il roman ferro prese:
E, in quel che Bruto vigila
Su le platonie carte,
Cassio tra’ lieti cecubi
60Gl’idi aspettò di Marte.