Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 11

Libro settimo

Capitolo 11

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Donde che, veduta messer Dietisalvi questa comune e populare disgrazia in la quale Piero era per i suoi consigli incorso, si ristrinse con messer Luca Pitti, messer Agnolo Acciaiuoli e Niccolò Soderini, e deliberorono di torre a Piero la reputazione e lo stato. Erano mossi costoro da diverse cagioni: messer Luca desiderava succedere nel luogo di Cosimo, perché era diventato tanto grande che si sdegnava avere ad osservare Piero; messer Dietisalvi, il quale conosceva messer Luca non essere atto ad essere capo del governo, pensava che di necessità, tolto via Piero, la reputazione del tutto, in breve tempo, dovesse cadere in lui; Niccolò Soderini amava che la città più liberamente vivesse, e che secondo la voglia de’ magistrati si governasse. Messer Agnolo con i Medici teneva particulari odii per tali cagioni: aveva Raffaello suo figliuolo, più tempo innanzi, presa per moglie la Lessandra de’ Bardi con grandissima dote: costei o per i mancamenti suoi o per i difetti d’altri, era da il suocero e dal marito male trattata; onde che Lorenzo di Larione, suo affine, mosso a pietà di questa fanciulla, una notte, con di molti armati accompagnato, la trasse di casa messer Agnolo. Dolfonsi gli Acciaiuoli di questa ingiuria fatta loro dai Bardi: fu rimessa la causa in Cosimo; il quale giudicò che gli Acciaiuoli dovessero alla Lessandra restituire la sua dote, e di poi il tornare con il marito suo allo arbitrio della fanciulla si rimettesse. Non parve a messer Agnolo che Cosimo, in questo giudicio, lo avesse come amico trattato; e non si essendo potuto contro a Cosimo, deliberò contro al figliuolo vendicarsi. Questi congiurati non di meno, in tanta diversità di umori, publicavano una medesima cagione, affermando volere che la città con i magistrati, e non con il consiglio di pochi, si governasse. Accrebbono oltra di questo gli odii verso Piero e le cagioni di morderlo molti mercatanti che in questo tempo fallirono: di che publicamente ne fu Piero incolpato, che, volendo, fuori di ogni espettazione, riavere i suoi danari, gli aveva fatti con vituperio e danno della città fallire. Aggiunsesi a questo che si praticava di dare per moglie la Clarice degli Orsini a Lorenzo suo primogenito; il che porse a ciascuno più larga materia di calunniarlo, dicendo come e’ si vedeva espresso, poi ch’egli voleva rifiutare per il figliuolo uno parentado fiorentino, che la città più come cittadino non lo capeva, e per ciò egli si preparava a occupare il principato: perché colui che non vuole i suoi cittadini per parenti gli vuole per servi, e per ciò è ragionevole che non gli abbia amici. Pareva a questi capi della sedizione avere la vittoria in mano, perché la maggior parte de’ cittadini, ingannati da quel nome della libertà che costoro, per adonestare la loro impresa, avevano preso per insegna, gli seguivano.