Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 8

Libro secondo

Capitolo 8

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I Guelfi, i quali si erano fuggiti a Lucca, licenziati dai Lucchesi per le minacce del Conte, se ne andorono a Bologna. Di quivi furono dai Guelfi di Parma chiamati contro ai Ghibellini; dove, per la loro virtù superati gli avversarii, furno loro date tutte le loro possessioni; tanto che, cresciuti in ricchezze e in onore, sapiendo che papa Clemente aveva chiamato Carlo d’Angiò per torre il Regno a Manfredi, mandorono al Pontefice oratori ad offerirgli le loro forze. Di modo che il Papa, non solamente gli ricevé per amici, ma dette loro la sua insegna; la quale sempre di poi fu portata da’ Guelfi in guerra, ed è quella che ancora in Firenze si usa. Fu di poi Manfredi da Carlo spogliato del Regno, e morto; dove sendo intervenuti i Guelfi di Firenze, ne diventò la parte loro più gagliarda, e quella de’ Ghibellini più debole, donde che quelli che insieme col conte Guido Novello governavono Firenze giudicorono che fussi bene guadagnarsi con qualche benefizio quel popolo che prima avevano con ogni ingiuria aggravato; e quelli rimedi che, avendogli fatti prima che la necessità venisse, sarebbono giovati, facendogli di poi, sanza grado, non solamente non giovorono, ma affrettorono la rovina loro. Giudicorono per tanto farsi amico il popolo e loro partigiano, se gli rendevono parte di quelli onori e di quella autorità gli avevono tolta; ed elessono trentasei cittadini popolani, i quali, insieme con duoi cavalieri fatti venire da Bologna, riformassero lo stato della città. Costoro, come prima convennono, distinsono tutta la città in Arti, e sopra ciascuna Arte ordinorono uno magistrato il quale rendesse ragione a’ sottoposti a quelle; consegnorono, oltre di questo, a ciascuna una bandiera, acciò che sotto quella ogni uomo convenisse armato, quando la città ne avesse di bisogno. Furono nel principio queste Arti dodici, sette maggiori e cinque minori; di poi crebbono le minori infino in quattordici, tanto che tutte furono, come al presente sono, ventuna; praticando ancora i trentasei riformatori delle altre cose a benefizio comune.