Vinti i Grandi, riordinò il popolo lo stato; e perché gli era di tre sorte popolo, potente, mediocre e basso, si ordinò che i potenti avessero duoi Signori, tre i mediocri e tre i bassi; e il gonfaloniere fusse ora dell’una ora dell’altra sorte. Oltra di questo, tutti gli ordini della giustizia contro ai Grandi si riassunsono; e per fargli più deboli, molti di loro intra la popolare moltitudine mescolorono. Questa rovina de’ nobili fu sì grande e in modo afflisse la parte loro, che mai poi a pigliare le armi contro al popolo si ardirono, anzi continuamente più umani e abietti diventorono. Il che fu cagione che Firenze, non solamente di armi, ma di ogni generosità si spogliasse. Mantennesi la città, dopo questa rovina, quieta infino all’anno 1353; nel corso del qual tempo seguì quella memorabile pestilenza da messer Giovanni Boccaccio con tanta eloquenzia celebrata, per la quale in Firenze più che novantaseimila anime mancarono. Feciono ancora i Fiorentini la prima guerra con i Visconti, mediante la ambizione dello Arcivescovo, allora principe in Milano; la quale guerra come prima fu fornita, le parti dentro alla città cominciorono; e benché fusse la nobilità distrutta, non di meno alla fortuna non mancorono modi a fare rinascere, per nuove divisioni, nuovi travagli.