Questo parentado, come venne a notizia, dette animo ai suoi avversarii; e presono contro a di lui le armi; e il popolo, per le medesime cagioni, non lo difese; anzi la maggior parte di quello con gli nimici suoi convenne. Erano capi de suoi avversarii messer Rosso della Tosa, messer Pazzino de’ Pazzi messer Geri Spini e messer Berto Brunelleschi. Costoro, con i loro seguaci e la maggior parte del popolo, si raccozzorono armati a piè del palagio de’ Signori, per l’ordine de’ quali si dette una accusa a messer Piero Branca capitano del popolo contro a messer Corso, come uomo che si volesse con lo aiuto di Uguccione fare tiranno: dopo la quale fu citato, e di poi, per contumace, giudicato ribello: né fu più dalla accusa alla sentenzia che uno spazio di due ore. Dato questo giudizio, i Signori, con le Compagnie del popolo sotto le loro insegne, andorono a trovarlo. Messer Corso dall’altra parte, non per vedersi da molti de’ suoi abbandonato, non per la sentenzia data, non per la autorità de’ Signori né per la moltitudine de’ nimici sbigottito, si fece forte nelle sue case, sperando potere difendersi in quelle tanto che Uguccione, per il quale aveva mandato, a soccorrerlo venisse. Erano le sue case e le vie intorno a quelle state sbarrate da lui, e di poi di uomini suoi partigiani affortificate; i quali in modo le difendevano, che il popolo, ancora che fusse gran numero, non poteva vincerle. La zuffa per tanto fu grande, con morte e ferite d’ogni parte; e vedendo il popolo di non potere dai luoghi aperti superarlo, occupò le case che erano alle sue propinque; e quelle rotte, per luoghi inaspettati gli entrò in casa. Messer Corso per tanto veggendosi circundato da’ nimici, né confidando più negli aiuti di Uguccione, deliberò, poi che gli era disperato della vittoria, vedere se poteva trovare rimedio alla salute; e fatta testa egli e Gherardo Bordoni, con molti altri de’ suoi più forti e fidati amici, feciono impeto contro a’ nimici; e quelli apersono in maniera che poterono, combattendo, passargli; e della città per la Porta alla Croce si uscirono. Furono non di meno da molti perseguitati; e Gherardo in su l’Affrico da Boccaccio Cavicciuli fu morto; messer Corso ancora fu a Rovezzano da alcuni cavagli catelani soldati della Signoria sopraggiunto e preso; ma nel venire verso Firenze, per non vedere in viso i suoi nimici vittoriosi ed essere straziato da quelli, si lasciò da cavallo cadere; ed essendo in terra, fu da uno di quelli che lo menavano scannato, il corpo del quale fu dai monaci di San Salvi ricolto, e senza alcuno onore sepulto. Questo fine ebbe messer Corso dal quale la patria e la parte de’ Neri molti beni e molti mali ricognobbe; e se gli avessi avuto lo animo più quieto, sarebbe più felice la memoria sua; non di meno merita di essere numerato intra i rari cittadini che abbi avuti la nostra città. Vero è che la sua inquietudine fece alla patria e alla parte non si ricordare degli oblighi avieno con quello e nella fine a sé partorì la morte, e all’una e all’altra di quelle di molti mali. Uguccione, venendo al soccorso del genero, quando fu a Remoli intese come messer Corso era da il popolo combattuto; e pensando non potere fargli alcuno favore, per non fare male a sé sanza giovare a lui, se ne tornò adietro.