Niccolò Piccino, in questo mezzo, ferme le cose di Romagna, disegnava di scendere in Toscana; e volendo passare per l’alpe di San Benedetto e per la valle di Montone, trovò quelli luoghi, per la virtù di Niccolò da Pisa, in modo guardati, che giudicò che vano sarebbe da quella parte ogni suo sforzo. E perché i Fiorentini in questo assalto subito erano mal provisti e di soldati e di capi, avevano a’ passi di quelle alpi mandati più loro cittadini, con fanterie di subito fatte, a guardarli; intra’ quali fu messer Bartolommeo Orlandini cavaliere, al quale fu in guardia il castello di Marradi e il passo di quella alpe consegnato. Non avendo adunque Niccolò Piccino giudicato potere superare il passo di San Benedetto, per la virtù di chi lo guardava, giudicò di potere vincere quello di Marradi per la viltà di chi l’aveva a difendere. È Marradi uno castello posto a piè delle alpi che dividono la Toscana dalla Romagna, ma da quella parte che guarda verso Romagna, e nel principio di Val di Lamona; e benché sia senza mura, non di meno il fiume, i monti e gli abitatori lo fanno forte; perché gli uomini sono armigeri e fedeli, e il fiume in modo ha roso il terreno, e ha sì alte le grotte sue, che a venirvi di verso la valle è impossibile, qualunque volta un picciol ponte, che è sopra il fiume, fusse difeso; e dalla parte de’ monti sono le ripe sì aspre che rendono quel sito sicurissimo. Non di meno la viltà di messer Bartolomeo rendé e quelli uomini vili e quel sito debolissimo; perché non prima e’ sentì il romore delle genti inimiche, che, lasciato ogni cosa in abbandono, con tutti i suoi se ne fuggì; né si fermò prima che al Borgo a San Lorenzo. Niccolò, entrato ne’ luoghi abbandonati pieno di maraviglia che non fussero difesi e di allegrezza di avergli acquistati, scese in Mugello; dove occupò alcune castella; e a Pulicciano fermò il suo esercito, donde scorreva tutto il paese infino a’ monti di Fiesole. E fu tanto audace che passò Arno, e infino a tre miglia propinquo a Firenze predò e scorse ogni cosa.