Istorie fiorentine/Libro quinto/Capitolo 26

Libro quinto

Capitolo 26

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Il Duca, veduta la guerra per il tempo ferma, e troncagli la speranza che gli aveva avuta di occupare Verona e Brescia, e come di tutto ne erano cagione i danari e i consigli de’ Fiorentini, e come quelli né per ingiuria che da’ Viniziani avessero ricevuta si erano potuti dalla loro amicizia alienare, né per promesse ch’egli avesse loro fatte, se gli era potuti guadagnare, deliberò, acciò che quelli sentissero più da presso i frutti de’ semi loro, di assaltare la Toscana. A che fu da’ fuori usciti fiorentini e da Niccolò confortato: questo lo moveva il desiderio aveva di acquistare gli stati di Braccio e cacciare il Conte della Marca, quelli erano dalla volontà di tornare nella loro patria spinti; e ciascuno aveva mosso il Duca con ragioni opportune e conforme al desiderio suo. Niccolò gli mostrava come e’ poteva mandarlo in Toscana e tenere assediata Brescia, per essere signore del lago e avere i luoghi di terra forti e bene muniti, e restargli capitani e gente da potere opporsi al Conte quando volessi fare altra impresa (ma che non era ragionevole la facesse sanza liberare Brescia, e a liberarla era impossibile); in modo che veniva a fare guerra in Toscana e a non lasciare la impresa di Lombardia: mostravagli ancora che i Fiorentini erano necessitati subito che lo vedevono in Toscana, a richiamare il Conte o perdersi; e qualunque l’una di queste cose seguiva, ne resultava la vittoria. I fuori usciti affermavano essere impossibile, se Niccolò con lo esercito si accostava a Firenze che quel popolo, stracco dalle gravezze e dalla insolenzia de’ potenti, non pigliasse le armi contro di loro: mostravongli lo accostarsi a Firenze essere facile, promettendogli la via del Casentino aperta, per la amicizia che messer Rinaldo teneva con quel conte: tanto che il Duca, per sé prima voltovi, tanto più, per le persuasioni di questi, fu in fare questa impresa confirmato. I Viniziani dall’altra parte, con tutto che il verno fusse aspro, non mancavano di sollecitare il Conte a soccorrere con tutto lo esercito Brescia, la qual cosa il Conte negava potersi in quelli tempi fare; ma che si doveva aspettare la stagione nuova, e in quel tanto mettere in ordine l’armata, e di poi per acqua e per terra soccorrerla. Donde i Viniziani stavano di mala voglia, ed erano lenti a ogni provisione, talmente che nello esercito loro erano assai genti mancate.