Era la Italia da quelli che la comandavano in tale termine condotta, che, quando per la concordia de’ principi nasceva una pace, poco di poi da quelli che tenevano le armi in mano era perturbata: e così per la guerra non acquistavano gloria né per la pace quiete. Fatta per tanto la pace intra il duca di Milano e la lega, l’anno 1433, i soldati, volendo stare in su la guerra si volsono contro alla Chiesa. Erano allora due sette di armi in Italia, Braccesca e Sforzesca: di questa era capo il conte Francesco figliuolo di Sforza, dell’altra era principe Niccolò Piccino e Niccolò Fortebraccio: a queste sette quasi tutte le altre armi italiane si accostavano. Di queste la Sforzesca era in maggiore pregio, sì per la virtù del Conte, sì per la promessa gli aveva il duca di Milano fatta di madonna Bianca sua naturale figliuola; la speranza del quale parentado reputazione grandissima gli arrecava. Assaltorono adunque queste sette di armati, dopo la pace di Lombardia per diverse cagioni, papa Eugenio: Niccolò Fortebraccio era mosso dall’antica nimicizia che Braccio avea sempre tenuta con la Chiesa; il Conte per ambizione si moveva; tanto che Niccolò assalì Roma e il Conte si insignorì della Marca. Donde i Romani, per non volere la guerra, cacciorono Eugenio di Roma. Il quale, con pericolo e difficultà fuggendo, se ne venne a Firenze, dove considerato il pericolo nel quale era, e vedendosi da’ principi abbandonato, i quali per cagione sua non volevono ripigliare quelle armi ch’eglino avieno con massimo desiderio posate, si accordò con il Conte, e gli concesse la signoria della Marca, ancor che il Conte alla ingiuria dello averla occupata vi avesse aggiunto il dispregio, perché, nel segnare in luogo dove scriveva a’ suoi agenti le lettere, con parole latine, secondo il costume italiano, diceva: Ex Girfalco nostro Firmiamo, invito Petro et Paulo. Né fu contento alla concessione delle terre ché volle essere creato gonfaloniere della Chiesa, e tutto gli fu acconsentito: tanto più temé Eugenio una pericolosa guerra che una vituperosa pace. Diventato per tanto il Conte amico del Papa perseguitò Niccolò Fortebraccio, e intra loro seguirono, nelle terre della Chiesa per molti mesi, varii accidenti, i quali tutti più a danno del Papa e de’ suoi sudditi, che di chi maneggiava la guerra seguivono; tanto che fra loro, mediante il duca di Milano, si concluse, per via di triegua, uno accordo, dove l’uno e l’altro di essi nelle terre della Chiesa principi rimasono.