Trovavasi papa Eugenio in Firenze, stato cacciato da Roma da il popolo. Il quale, sentendo questi tumulti, e parendogli suo uficio il quietargli, mandò messer Giovanni Vitelleschi patriarca, amicissimo di messer Rinaldo, a pregarlo che venisse a lui; perché non gli mancherebbe, con la Signoria, né autorità né fede a farlo contento e securo, sanza sangue e danno de’ cittadini. Persuaso per tanto messer Rinaldo dallo amico, con tutti quegli che armati lo seguivano, ne andò a Santa Maria Novella, dove il Papa dimorava. Al quale Eugenio fece intendere la fede che i Signori gli avevano data, e rimesso in lui ogni differenza; e che si ordinerebbono le cose, quando e’ posasse l’armi, come a quello paresse. Messer Rinaldo, avendo veduto la freddezza di messer Palla e la leggerezza di Ridolfo Peruzzi, scarso di migliore partito, si rimisse nelle braccia sua, pensando pure che la autorità del Papa lo avesse a perservare. Onde che il Papa fece significare a Niccolò Barbadoro e agli altri che fuori lo aspettavano, che andassero a posare l’armi, perché messer Rinaldo rimaneva con il Pontefice per trattare lo accordo con i Signori. Alla quale voce ciascuno si risolvé e si disarmò.