Poi che seguì, in Lombardia, la lega di quelle città delle quali di sopra facemmo menzione, per difendersi da Federigo Barbarossa, Milano, ristorato che fu dalla rovina sua, per vendicarsi delle ingiurie ricevute, si congiunse con quella lega, la quale raffrenò il Barbarossa e tenne vive in Lombardia, un tempo, le parti della Chiesa; e ne’ travagli di quelle guerre che allora seguirono, diventò in quella città potentissima la famiglia di quelli della Torre; della quale sempre crebbe la reputazione, mentre che gli imperadori ebbono in quella provincia poca autorità. Ma venendo Federigo II in Italia, e diventata la parte ghibellina, per la opera di Ecelino, potente, nacquono in ogni città umori ghibellini; donde che, in Milano, di quelli che tenevano la parte ghibellina fu la famiglia de’ Visconti, la quale cacciò quelli della Torre di Milano. Ma poco stettano fuora, ché, per accordi fatti intra lo Imperadore e il Papa, furono restituiti nella patria loro. Ma sendone andato il Papa con la corte in Francia, e venendo Arrigo di Luzimborgo in Italia per andare per la corona a Roma, fu ricevuto, in Milano, da Maffeo Visconti e Guido della Torre, i quali allora erano i capi di quelle famiglie. Ma disegnando Maffeo servirsi dello Imperadore per cacciare Guido, giudicando la impresa facile per essere quello di contraria fazione allo Imperio, prese occasione dai rammarichii che il popolo faceva per i sinistri portamenti de’ Tedeschi; e cautamente andava dando animo a ciascuno, e gli persuadeva a pigliare l’armi e levarsi da dosso la servitù di quegli barbari. E quando gli parve avere disposta la materia a suo proposito, fece, per alcuno suo fidato, nascere uno tumulto, sopra il quale tutto il popolo prese l’armi contro al nome tedesco. Né prima fu mosso lo scandolo che Maffeo con gli suoi figliuoli e tutti li suoi partigiani si trovorono in arme; e corsono ad Arrigo, significandogli come questo tumulto nasceva da quelli della Torre, i quali, non contenti di stare in Milano privatamente, avevono presa occasione di volerlo spogliare, per gratificarsi i Guelfi di Italia e diventare principi di quella città ma che stesse di buono animo, ché loro, con la loro parte quando si volesse difendere, erano per salvarlo in ogni modo. Credette Arrigo essere vere tutte le cose dette da Maffeo, e ristrinse le sue forze con quelle de’ Visconti, e assalì quelli della Torre, i quali erano corsi in più parti della città per fermare i tumulti; e quegli che poterono avere ammazzorono, e gli altri, spogliati delle loro sustanze, mandorono in esilio. Restato adunque Maffeo Visconti come principe in Milano, rimasono, dopo lui, Galeazzo e Azzo; e dopo costoro, Luchino e Giovanni. Diventò Giovanni arcivescovo in quella città; e di Luchino, il quale morì avanti a lui, rimasero Bernabò e Galeazzo; ma morendo ancora, poco di poi, Galeazzo, rimase di lui Giovan Galeazzo, detto Conte di Virtù. Costui, dopo la morte dello Arcivescovo, con inganno ammazzò Bernabò suo zio e restò solo principe di Milano; il quale fu il primo che avesse il titulo di duca. Di costui rimase Filippo e Giovanmariagnolo; il quale sendo morto da il popolo di Milano, rimase lo stato a Filippo, del quale non rimase figliuoli maschi; donde che quello stato si transferì dalla casa de’ Visconti a quella degli Sforzeschi, nel modo e per le ragioni che nel suo luogo si narreranno.