In quel mezzo a Pietrasanta si combatteva pigramente; onde che i nimici, preso animo, assalirono la bastia e quella occuporono; il che seguì con tanta reputazione loro e timore dello esercito fiorentino, che fu per rompersi da se stesso; tale che si discostò quattro miglia dalla terra; e quelli capi giudicavano che, sendo già il mese d’ottobre, che fusse da ridursi alle stanze e riserbarsi a tempo nuovo a quella espugnazione. Questo disordine, come si intese a Firenze, riempié di sdegno i principi dello stato, e subito, per ristorare il campo di reputazione e di forze, elessono per nuovi commissari Antonio Pucci e Bernardo del Nero. I quali con gran somma di danari andorono in campo, e a quelli capitani mostrorono la indegnazione della Signoria, dello stato e di tutta la città, quando non si ritornasse con lo esercito alle mura, e quale infamia sarebbe la loro, che tanti capitani, con tanto esercito, sanza avere allo incontro altri che una piccola guardia, non potessero sì vile e sì debile terra espugnare. Mostrorono l’utile presente e quello che in futuro di tale acquisto potevano sperare; talmente che gli animi di tutti si raccesono a tornare alle mura; e prima che ogni altra cosa deliberorono di acquistare la bastia. Nello acquisto della quale si cognobbe quanto l’umanità, l’affabilità, le grate accoglienze e parole negli animi de’ soldati possono; perché Antonio Pucci, quello soldato confortando, a quell’altro promettendo, all’uno porgendo la mano, l’altro abbracciando, gli fece ire a quello assalto con tanto impeto ch’eglino acquistorono quella bastia in uno momento, ne fu lo acquisto sanza danno, imperciò che il conte Antonio da Marciano da una artiglieria fu morto. Questa vittoria dette tanto terrore a quelli della terra, che cominciorono a ragionare di arrendersi: onde, acciò che le cose con più reputazione si concludessero, parve a Lorenzo de’ Medici condursi in campo; e arrivato quello, non dopo molti giorni si ottenne il castello. Era già venuto il verno, e per ciò non parve a quelli capitani da procedere più avanti con la impresa, ma di aspettare il tempo nuovo, massime perché quello autunno, mediante la trista aria, aveva infermato quello esercito, e molti de’ capi erano gravemente malati; intra’ quali Antonio Pucci e messer Bongianni Gianfigliazzi, non solamente ammalorono, ma morirono, con dispiacere di ciascuno, tanta fu la grazia che Antonio nelle cose fatte da lui a Pietrasanta si aveva acquistata. I Lucchesi, poi che i Fiorentini ebbono acquistata Pietrasanta, mandorono oratori a Firenze a domandare quella, come terra stata già della loro republica, perché allegavano intra gli oblighi essere che si dovesse restituire al primo signore tutte quelle terre che l’uno dell’altro recuperasse. Non negorono i Fiorentini le convenzioni; ma risposono non sapere se, nella pace che si trattava fra loro e i Genovesi, si avieno a restituire quella; e per ciò non potevano prima che a quel tempo deliberarne; e quando bene non avessero a restituirla, era necessario che i Lucchesi pensassero a sodisfarli della spesa fatta e del danno ricevuto per la morte di tanti loro cittadini; e quando questo facessero, potevano facilmente sperare di riaverla. Consumossi adunque tutto quel verno nelle pratiche della pace intra i Genovesi e i Fiorentini, la quale a Roma, mediante il Pontefice, si praticava. Ma non si essendo conclusa, arebbono i Fiorentini, venuta la primavera, assalita Serezana, se non fussero stati da la malattia di Lorenzo de’ Medici e da la guerra che nacque intra il Papa e il re Ferrando, impediti: perché Lorenzo, non solamente da le gotte, le quali come ereditarie del padre lo affliggevano, ma da gravissimi dolori di stomaco fu assalito, in modo che fu necessitato andare a’ bagni per curarsi.