Era di già il verno grande, e i tempi sinistri alla guerra, tanto che il Papa e il Re, mossi, o da volere dare speranza di pace, o da volere godersi le vittorie avute più pacificamente, offersono tregua a’ Fiorentini per tre mesi, e dierono dieci giorni tempo alla risposta; la quale fu accettata subito. Ma come avviene a ciascuno, che più le ferite, raffreddi che sono i sangui, si sentono, che quando le si ricevono, questo breve riposo fece cognoscere più a’ Fiorentini i sostenuti affanni. E i cittadini, liberamente e sanza rispetto, accusavano l’uno l’altro, e manifestavano gli errori nella guerra commessi: mostravano le spese invano fatte, le gravezze ingiustamente poste; le quali cose, non solamente ne’ circuli, intra i privati, ma ne’ consigli publici animosamente parlavano. E prese tanto ardire alcuno, che, voltosi a Lorenzo de’ Medici, gli disse: - Questa città è stracca, e non vuole più guerra; - e per ciò era necessario che pensasse alla pace. Onde che Lorenzo, cognosciuta questa necessità, si ristrinse con quegli amici che pensava più fedeli e più savi, e prima conclusono, veggendo i Viniziani freddi e poco fedeli, il Duca pupillo e nelle civili discordie implicato, che fusse da cercare con nuovi amici nuova fortuna; ma stavano dubi nelle cui braccia fusse da rimettersi, o del Papa o del Re. Ed esaminato tutto, approvorono l’amicizia del Re, come più stabile e più secura: perché la brevità della vita de’ papi, la variazione della successione, il poco timore che la Chiesa ha de’ principi, i pochi rispetti che la ha nel prendere i partiti, fa che uno principe seculare non può in uno pontefice interamente confidare, né può securamente accomunare la fortuna sua con quello; perché chi è, nelle guerre e pericoli, del papa amico, sarà nelle vittorie accompagnato e nelle rovine solo, sendo il pontefice dalla spirituale potenza e reputazione sostenuto e difeso. Deliberato adunque che fusse a maggiore profitto guadagnarsi il Re, giudicorono non si potere fare meglio né con più certezza che con la presenza di Lorenzo; perché, quanto più con quello re si usasse liberalità, tanto più credevano potere trovare remedi alle nimicizie passate. Avendo per tanto Lorenzo fermo lo animo a questa andata, raccomandò la città e lo stato a messer Tommaso Soderini, che era in quel tempo gonfaloniere di giustizia, e al principio di decembre partì di Firenze, e arrivato a Pisa, scrisse alla Signoria la cagione della sua partita. E quelli signori, per onorarlo, e perché e’ potesse trattare con più reputazione la pace con il Re, lo feciono oratore per il popolo fiorentino, e gli dettono autorità di collegarsi con quello, come a lui paresse meglio per la sua republica.