Istoria delle guerre gottiche/Libro terzo/Capo XXXIII

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CAPO XXXII.

L’occidentale imperio in mano de’ barbari. Giustiniano accorda ai Franchi il possesso della Gallia abbandonata dai Gotti. De’ barbari, i soli re Franchi batton moneta colla propria effigie. — Affari dei Gepidi, Longobardi ed Eruli.

I. In processo di tempo i barbari agevolmente occuparono tutto l’occidentale imperio, e la gottica [p. 399 modifica]guerra nel suo principio illustrata dai Romani con famosa vittoria, andò a terminare dalla costoro parte non solo con vana profusione di vite e danaro, ma colla perdita eziandio dell’Italia, e col vedere l’Illiria e quasi tutta la Tracia turpemente guastate dai nemici quivi di già a confine; il che ora formerà l’argomento della mia istoria. I Gotti prima di entrare nell’aringo, giusta il detto nei precedenti libri, aveano ceduto a’ Germani la parte della Gallia loro soggetta, persuasi di non aver forze da resistere in pari tempo a due contrarie fazioni, e Giustiniano Augusto non potendolo impedire vi prestò il suo consentimento, bramoso di evitare brighe ov’ei nutrissero negli animi ostili pensieri. Di più i Franchi addivenuti possessori delle Gallie estimavansi mal sicuri e fermi senza una scritta imperiale, che approvassene l’operato. Di quel tempo i re de’ Germani ebbersi Massalia1, colonia de’ Focesi, con tutti i marittimi luoghi, e con essi la sovranità del circostante mare. Presiedono ora ai Circensi di Arelate2, e con l’oro dei Galli battono monete imprimendovi non la imperiale effigie, come di consuetudine, ma la propria; e sebbene lo stesso monarca persiano impronti l’argento a suo buon grado, nell’oro nè egli nè altri di que’ regi, tutti possessori del prezioso metallo, possonvi rappresentare sè stessi; quindi è che nel commercio anche i barbari non voglion sapere di germanica moneta. Non altrimenti andavano le costoro bisogne. [p. 400 modifica] II. Addivenuto superiore nella guerra Totila, i Franchi a loro bell’agio occuparono la massima parte dell’agro veneto non incontrando opposizione da’ Romani e Gotti, difettando questi delle opportune forze per guerregiare due nemici ad uno. I Gepidi padroni di Sirmio, città, e di tutta la Dacia3 non appena Giustiniano ebbe privo di quella regione il gottico dominio condusserne i sudditi quivi a stanza in ischiavitù, e via via inoltrando arrecavano da per tutto rovine e guasti, mercè di che furon privi degli stipendj per l’addietro ricevuti dall’imperial tesoro. Di più vedendo Augusto donare ai Longobardi Norico, città4, i luoghi forti della Pannonia5, ed altro suolo unitamente a moltissimo danaro, abbandonate le patrie terre, eransi trasferiti ad abitare l’opposta riva del fiume Istro prossimana ai Gepidi. Ora da quivi scorrazzando anche la Dalmazia e l’Illirico sino alle frontiere d’Epidanno6 riportavanne bottino e prigioni; che se taluni di questi reddivano, fuggendo, alle case loro, i barbari a mo’ di confederati messo piede su quel d’Augusto, ed avvenutisi ad alcuno dei campati schiavi, strappandolo anche dalle braccia paterne, lo rimenavan audacemente [p. 401 modifica]presso le genti loro. Giustiniano accordò agli Eruli nuove terre della Dacia sino a Singedone, ove abitano di presente guastando assai spesso l’Illirico e la Tracia. Altri poi di essi fecersi porre ne’ ruoli della romana milizia col nome di confederati. Gli ambasciadori degli Eruli al giugnere in Bizanzio agevolmente riebbero tutti gli stipendj promettendo che da quinci in poi guarderebbonsi dall’offendere uom de’ Romani, e quindi tornarono indietro.

Note

  1. Marsiglia.
  2. Arles.
  3. Provincia d’Europa, che abbracciava la Transilvania, la Moldavia, la Valachia, la Servia e parte dell’Ungheria.
  4. Norimberga.
  5. Ungheria, ma sotto l’antico nome assai più vasta di quanto è a’ nostri giorni.
  6. Durazzo, città in Albania, così detta dal re Epidanno suo fondatore.