Isaotta Guttadauro/Rurali/Il pomo

Il pomo

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IL POMO

Pendono i frutti, maturati a ’l roseo
calor de ’l sole, e tremano:
intatti ancora, poi che ad Ebe l’intima
dolcezza lor consacrano.

Vermigli sono e de ’l lor peso aggravano
i rami e de ’l lor numero;
e tale effluvio spargono aulentissimo
onde mi ride l’anima

tutta e ne ’l capo assai giocondi nasconmi
pensieri e vaghe imagini
di amore si che in vero tutta ridemi,
come ne ’l vino, l’anima.

Sopraggiunge ne li orti Ebe, con subita
gioia; e ridendo gridami:
— O tu, o tu che siedi sotto l’albero
de ’l pomo, un frutto coglimi! -

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— Non io te ’l coglierò, ma te medesima
leverò, fino a giugnere
il ramo, su le mie braccia, o dolcissima
Ebe. - Ed ella: - Or tu lévami

su le tue braccia. - Ed io la levo, a giugnere
il buon frutto che penzola
ed alletta, si come ne la favola
antica del re Tantalo.

Ergesi il corpo d’Ebe, quale un’anfora,
da la mia stretta; e l’avide
mani ella tende a ’l ramo, in attitudine
bellissima; ed ai cúbiti

nudati le sorridono due rosei
cavi, due nidi rosei,
ove, meglio che a ’l frutto, io vorrei mordere,
me’ che a l’inarrivabile

frutto. - Ancora! - ella grida - Ancora! Un ultimo
sforzo, ed ha vinto Tantalo! -
Ond’io più l’alzo; e più ne ’l desiderio
ardo, sentendo il palpito

de le sue membra. Grida ella: - Vittoria! -
E, d’un salto, si libera
da le mie braccia e fugge, abbandonandomi.
- Vittoria! - li orti echeggiano.

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Poi ella torna, perocchè ne l’animo
sia pïetosa. Offrendomi
la cara bocca, ancora tutta rorida
de ’l succo, d’onde l’alito

esce fragrante come su da ’l calice
d’un fiore, dice: - Baciami! -
Ed a lungo io la bacio; e tutti fremono,
parmi, d’invidia li alberi.