Prologo

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Isaotta Guttadauro Il libro d'Isaotta

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PROLOGO

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Mentre Lucrezia Borgia, in nuziale
pompa, venia con piano
incedere (la veste lilïale
risplendea di lontano)

tra i cardinali principi in vermiglia
cappa, che con ambigui
sorrisi riguardavano la figlia
de ’l papa, - ne’ contigui

atrj i coppieri, adolescenti flavi
che rispondeano a un nome
sonoro ed arrossian come soavi
fanciulle ed avean chiome

lunghe, i coppieri d’Alessandro sesto
tenean coppe d’argento
entro la man levata, e con un gesto
d’umiltà grave e lento

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offeriano a le molte inclite dame
le rose ed i rinfreschi.
Allettati correan pieni di brame
i veltri barbareschi

traendo fra le zampe il guinzal d’oro
che mal ressero i paggi.
Gioivano le dame inclite in coro
ai gran salti selvaggi,

e disperdendo in copia su ’l lucente
musaico a piene mani
cibi e rose, blandian trepidamente
i belli atroci cani.

Allor Giulia Farnese, un suo lascivo
balen da li occhi fuora
mettendo (a ’l riso il corpo agile e vivo
fremea come sonora

cetra), il sen nudo porse; e in tra le poppe
bianche rotonde e dure
un fante a lei da le papali coppe
versò le confetture.

Or non così, mie belle, o voi che tanto
amai e celebrai
e incoronai del mio lucido canto
ne’ boschi e ne’ rosai,

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or non così venite al mio festino
ove l’Amor v’aduna?
I vostri baci, più dolci de ’l vino,
a ’l sole ed a la luna

io colsi un tempo; e, come entro una rara
coppa di fin lavoro,
mentre i nuovi desii cercanvi a gara
- veltri da ’l guinzal d’oro, -

la profonda dolcezza entro la rima
sottilemente infusa
io vi rendo. Gioite voi. Ma, prima,
Isaotta, la Musa,

quella ch’io più cantai, con un baleno
tra i cigli e con protese
le bellissime braccia, offre il suo seno,
come Giulia Farnese.