Isaotta Guttadauro/Intermezzo melico/Romanza VI
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ROMANZA
Il porto ampio s’addorme,
stanco d’uman lavoro:
chiude un molle tesoro
entro il suo seno enorme.
Par che ne l’aria salga
un suo possente fiato:
è caldo e profumato
come di frutti e d’alga.
Arde qualche fanale,
raro tra la nebbietta:
il chiaror torbe getta
lunghe e péndule scale.
Ad ora ad or si leva
un flutto, e su le prore
fa trepido romore
qual d’un gregge che beva.
Come crescono i venti
de la terra, più gravi
li odori e più soavi
e più sottili e ardenti
salgon da’ vasti legni
carchi di spezie rare.
E ne l’alba lunare
a noi s’aprono i regni
meravigliosi, i liti
cari a ’l Sole, ove amando
vivono e poetando
uomini forti e miti.
Da ’l soffio a l’aria effusi
per lunghe onde i profumi,
come celesti fiumi
in un solo confusi,
ondeggian su la bruna
congerie de le antenne.
Ed ecco, ne ’l solenne
silenzio de la luna,
alzasi un lento coro
da quella selva informe.
Il porto ampio s’addorme,
stanco d’uman lavoro.