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162 | Gabriele d’Annunzio |
ROMANZA
Il porto ampio s’addorme,
stanco d’uman lavoro:
chiude un molle tesoro
entro il suo seno enorme.
Par che ne l’aria salga
un suo possente fiato:
è caldo e profumato
come di frutti e d’alga.
Arde qualche fanale,
raro tra la nebbietta:
il chiaror torbe getta
lunghe e péndule scale.
Ad ora ad or si leva
un flutto, e su le prore
fa trepido romore
qual d’un gregge che beva.