Io miro i crespi e gli biondi capegli
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Io miro i crespi e gli biondi capegli
De’ quali ha fatto per me rete Amore:
D’un fil di perle e quando d’un bel fiore
Per me pigliar i’ trovo ch’e’ gli adesca.
E poi riguardo dentro gli occhi begli,5
Che passan per gli miei dentro dal core
Con tanto vivo e lucente splendore
Che propriamente par che dal sol esca:
Virtù mostra che loro onor più cresca.
10Ond’io che sì leggiadra star la veggio
Così fra me sospirando ragiono
— Oimè, perchè non sono
A solo a sol con lei ov’io la chieggio?
Sicch’io potessi quella treccia bionda
15Disfarla a onda a onda,
E far de’ suoi begli occhi a’ miei due specchi,
Che lucon sì che non trovan parecchi. —
Poi guardo l’amorosa e bella bocca,
La spaziosa fronte e ’l vago piglio,
20I bianchi denti, e ’l naso dritto, e ’l ciglio
Polito e brun tal che dipinto pare.
E ’l vago mio pensiero allor mi tocca
E dice — Vedi allegro dar di piglio
In su quel labbro sottile e vermiglio,
25Che d’ogni dolce saporito pare!
Deh odi il suo vezzoso ragionare
Quanto ben mostra morbida e pietosa,
E come il suo parlar parte e divide!
Guarda quand’ella ride,
30Che per diletto passa ogni altra cosa! —
Così di quella bocca il pensier mio
Mi sprona; perchè io
Non ho nel mondo cosa che non desse
A tal che un sì con buon voler dicesse.
35 Poi guardo la sua svelta e bianca gola
Com’esce ben delle spalle e del petto,
E ’l mento fesso e tondo e piccioletto
Tal che più bel cogli occhi no ’l disegno.
E quel pensier che sol per lei m’invola
40Mi dice — Guarda e vedi bel diletto
Aver quel collo fra le braccia stretto
E fare in quella gola un picciol segno! —
Poi sopraggiugne e dice — Apri lo ingegno:
Se le parti di fuor son così belle,
45L’altre che dên valer che dentro copre?
Che sol per le bell’opre
Che sono in cielo, il sole e l’altre stelle,
Dentro da lor si crede il paradiso.
Dunque, se miri fiso,
50Pensar ben dèi ch’ogni terren piacere
Si trova dove tu non puoi vedere. —
Poi guardo i bracci suoi distesi e grossi,
La bianca mano morbida e pulita;
Guardo le lunghe e sottilette dita
55Vaghe di quell’anel che l’un tien cinto.
E ’l mio pensier mi dice — Or se tu fossi
Dentro a quei bracci, fra quella partita,
Tanto diletto avrebbe la tua vita
Che dir per me non si potrebbe il quinto!
60Vedi ch’ogni suo membro par dipinto!
Formosa e grande quanto a lei s’avvene;
Con un colore angelico di perla;
Grazïosa a vederla,
E disdegnosa dove si convene;
65Umile vergognosa e temperata,
E sempre a virtù grata:
In tra suoi bei costumi un atto regna,
Che d’ogni riverenza la fa degna.
Soave a guisa va d’un bel pavone,
70Diritta sopra sè come una grua:
Vedi che propriamente ben par sua
Quanta esser può donnesca leggiadrìa.
E se ne vuoi veder viva ragione
(Dice il pensier), apri la mente tua
75Ben fisamente quando ella s’addua
Con donna che gentile e vaga sia:
Chè, come par che fugga e vada via
Dinanzi al sol ciascuna altra chiarezza,
Così costei ogni adornezza sface.
80Or vedi s’ella piace;
Chè amore è tanto quanto sua bellezza,
E somma e gran beltà con lei si trova.
Quel che a lei piace e giova
È sol d’onesta e di gentile usanza,
85Ed io nel suo ben far prendo speranza. —
Canzon, tu puoi ben dir sicuramente
Che, poi che al mondo bella donna nacque,
Nessuna mai non piacque
Generalmente quanto fa costei;
Perchè si trova in lei75
Beltà di corpo e d’anima bontade,
Fuor che le manca un poco di pietade.
(Dalle Rime antiche dell’ediz. giunt., ov’è fra quelle d’incerti. Per autorità di molti codici la rendiamo a Fazio; riscontrata e migliorata la lezione sul testo Fratic. nelle R. Apocrife di Dante, e con alcune delle var. del cod. marciano adottate da P. Zanotto nei Lirici del sec. primo, sec. e terzo; Venezia, Antonelli, 1858; non senza l’aiuto de’ codd. ricc. in alcun luogo di questa e delle precedenti.)