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FAZIO DEGLI UBERTI

Che tanta gioia mai non fu veduta.
Ciascuna lei saluta;
Ed essa all’ombra per più bella festa30
Poneasi in su la testa
La ghirlandetta che sì ben le stava,
Che l’una all’altra a dito la mostrava.
     In poco stante, a guisa d’una spera,
Dinanzi all’altre lei vid’io venire,35
Pavoneggiando per le verdi piagge:
E come il sol in su ’l far della sera
L’aere fa d’oro fin spesso apparire,
Così per gli occhi suoi le vedea ragge.
E tal’or per le fagge40
Dov’io nascoso m’era si volgea:
Quel ch’io di lei credea
E con quanti sospiri e pensier fui
Dicalo Amor, ch’io no ’l so dire altrui.
     Canzon, figliuola mia, tu te ne andrai45
Colà dove tu sai
Ch’onesta leggiadrìa sempre si trova,
Sì come Amor fa prova,
E par sì come su la spina rosa:
Così tutta vezzosa,50
Se puoi, per modo ch’altri non ti vegga,
Entrale in mano, e fa’ ch’ella ti legga.


(Dalle Rime di diversi antichi autori toscani, Giunti 1527; dov’è attribuita ad incerto. Si restituisce ora a Fazio per autorità di più codici e per identità di forma.)



II


     Io miro i crespi e gli biondi capegli
De’ quali ha fatto per me rete Amore:
D’un fil di perle e quando d’un bel fiore
Per me pigliar i’ trovo ch’e’ gli adesca.
E poi riguardo dentro gli occhi begli,5
Che passan per gli miei dentro dal core


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