Interviste dal libro "TUTUCH (Uccello tuono)"/Intervista a Monica McKay
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1. Per la sua tradizione culturale la vita è un dono o una punizione?
La storia della creazione più vicina alla nostra filosofia è quella secondo cui siamo stati messi qui in corpo e spirito, ed in questo contesto siamo giunti a considerare la vita come un dono.
2. Perché siamo qui: per lottarci o per aiutarci?
Dal momento che sono venuta all’università mi sono allontanata dalla mia comunità, ma gli insegnamenti che ho ricevuti – certamente i racconti a sfondo didattico, i racconti dei familiari, i racconti a sfondo sociale – tutti affermano che ogni essere, non solo l’essere umano, ma nel mondo in cui viviamo ciascuno di noi ha una responsabilità: se portiamo a termine queste responsabilità il mondo che conosciamo continuerà ad esistere. Se l’acqua assolverà alle sue responsabilità essa contribuirà alla nostra vita, se il sole assolverà alle sue responsabilità la vita continuerà. Una volta che avremo capito qual è il nostro compito qui, ritorneremo al mondo spirituale: vivremo fino a quando ritorneremo al mondo spirituale.
3. Che significa per lei la parola “capo”?
Non abbiamo nella nostra lingua la parola “capo”. Ereditato da nostra madre, la nostra struttura sociale è basata sul clan, perciò dal momento della nascita è un dovere della comunità farci capire a quale clan apparteniamo. È anche un dovere della famiglia, la famiglia estesa da entrambi i lati di parentela, del padre e della madre. La nostra storia della creazione è differente da quella degli altri, perché geograficamente siamo situati sulla costa nord-occidentale della Columbia Britannica, e la storia della creazione non è la stessa della storia degli Indiani della pianura o degli Indiani dell’est. Dunque, secondo la nostra storia della creazione, quando ci siamo spostati dal mondo spirituale per essere messi sulla madre terra, tre persone erano in lotta: un fratello, una sorella e la compagna del fratello. Il fratello e la sorella erano dello stesso clan, mentre la compagna era di un clan differente. Nella nostra struttura sociale le persone che hanno le “casate” sono l’uomo o la donna più anziani. Sin dalla nascita facciamo il nostro ingresso in società, e ad un certo punto della nostra vita un uomo diventerà capo e la donna sarà una matrona: staranno insieme, ci sarà sempre un equilibrio.
Nella nostra comunità anche i bambini partecipano alle decisioni. Se bisogna imparare come stare in una comunità, bisogna saper non solo guardare ma anche fare. Abbiamo quattro “casate” principali, e ci insegnano a partecipare: abbiamo una frase nella nostra lingua per sottolineare che abbiamo una “mentalità comunitaria”.
4. Quali sono le sue responsabilità?
Ho già risposto.
5. Che tipo di organizzazione sociale avete?
Ci insegnano che, perché un popolo possa continuare ad esistere, ogni individuo deve adempiere alle sue responsabilità: l’equilibrio la fa da padrone. Molto è lasciato alla scelta personale, ma se si decide di partecipare alla vita della comunità, o della Nazione, allora vi sono delle decisioni che ad un certo punto della propria vita si è costretti a prendere. Gli altri credono che le popolazioni aborigene per la loro appartenenza alla tribù non abbiano altra scelta che di vivere nella comunità. Si ha sempre la possibilità di scegliere, ma si deve imparare che ogni scelta ha delle conseguenze.
6. Qual è il ruolo della donna nella vita del gruppo? Chi si occupa dell’educazione dei figli?
Sia gli uomini che le donne si prendono cura dell’educazione dei figli, perché i bambini sono una responsabilità della comunità. Vi sono sempre stati ruoli ben definiti per entrambi i sessi, ma essi erano coinvolti in egual misura, se dovevano prendere la decisione di muoversi in altri accampamenti vicini. Anche oggi è così ed io corro a casa quando dobbiamo raccogliere il cibo per l’inverno, anche se di solito vivo a Toronto. Ma ho una famiglia e dunque ho le mie responsabilità. Una delle ragioni di vivere al di fuori della comunità è che sono una donna impegnata a studiare il concetto di femminismo in un’istituzione occidentale, mettendolo a confronto con il nostro concetto di socialismo, di comunismo, e torno nella mia comunità per capire il senso di tutto ciò. Sebbene ci sia stata imposta un’altra cultura, penso che il mio popolo sia incredibile, perché ha conservato le tradizioni, la cultura, e la lingua. Da tutto ciò ho capito che dobbiamo rivedere i nostri problemi sociali. Soprattutto quelli economici, ma al di là di questi io so che come donna Neeska ho il rispetto degli uomini della mia comunità, perché se non lavoriamo insieme, se non ci ascoltiamo non avremo un futuro, i nostri figli non avranno un futuro.
Non vi sono molte persone sposate al di fuori della comunità ed anche nella comunità se è il caso è meglio che una coppia divorzi piuttosto che far soffrire gli altri. Gli anziani sono molto importanti per la loro saggezza di tutta una vita, e sono particolarmente adatti a educare i bambini per tramandare loro i nostri valori, la nostra lingua, i nostri insegnamenti, le nostre leggi.
7. Cosa può dirmi circa la proprietà? Mi spiego: come venivano distribuiti i beni tra i membri del gruppo?
Ancora una volta devo tornare alla nostra storia della creazione e alla nostra organizzazione sociale in “casate”(clan). Non c’è proprietà privata, siamo i custodi della terra di famiglia, perché se non ce ne prendiamo cura non potremo sopravvivere, non avremo nulla da ereditare, niente da mangiare, niente da curare. Nella nostra cultura non c’è il concetto della dominazione, e ci prendiamo cura di ciò che abbiamo solo per poter sopravvivere. Secondo me, se non ci uniamo tra di noi e con la natura, verrà un giorno in cui non potremo più esistere da soli.
Circa la violenza devo dire che può sempre verificarsi, ma vivendo in case comuni ci insegnavano a non parlare ad alta voce, per esempio, a non offendere, per cui c’era sempre l’intervento degli altri. Circa ciò che è giusto o sbagliato, torniamo al discorso sulla responsabilità: bisogna ammettere che è necessario assumersi le proprie responsabilità. Noi non avevamo il concetto della stupidità, ma sfortunatamente vi sono molte persone oggi che credono di esserlo. Ciò è una conseguenza delle scuole residenziali: i bambini sono stati portati via dalla loro comunità, dai loro genitori, hanno dovuto negare la loro tradizione, la loro cultura, la loro lingua. Ancora oggi vediamo accadere queste cose!
Nei racconti sul passato ci dicevano che avevamo montagne, fiumi, territori per raccogliere il cibo, territori di caccia, e queste sono per noi delle responsabilità. Potevamo scegliere un compagno e avere dei figli. Per non abusare della caccia o del raccolto in una zona dovevamo prenderci cura della terra: non la possediamo, ma la curiamo soltanto. Se si ha bisogno di una cosa che sta in un’altra casa, si va lì a prenderla se si è un Neeska; in caso contrario, bisogna contattare quella comunità e chiedere il permesso per prendere ciò che serve. Certamente, intrattenevamo rapporti commerciali con altre Nazioni, rispettavamo i reciproci confini, e se si andava nel territorio di un’altra comunità bisognava rendere note le proprie necessità, non si poteva semplicemente entrare e prendere: bisognava annunciarsi. Noi ci comportavamo alla stessa maniera, perché comportarsi diversamente significava non avere rispetto per gli altri.
8. Qual è il suo massimo dovere?
Il nostro massimo dovere come esseri umani è di scoprire quali sono le nostre abilità e svilupparle per ricambiare l’aiuto che gli altri membri della comunità ci hanno dato quando eravamo bambini. Certo, una buona parte è il risultato della guida della comunità, perché questa ci sorveglia per capire il nostro carattere, la nostra personalità.
9. Come punite i colpevoli?
È un delicato equilibrio tra riparazione del danno e responsabilità: se hai fatto del male a qualcuno, devi ripagare la persona o la sua famiglia. Non puoi agire individualmente! Noi diciamo che ogni azione che l’individuo compie si riflette sulla sua famiglia, sulla sua casata. Se rubi o danneggi qualcuno, il fatto la dice lunga sulla tua provenienza.
Non posso dirle niente delle nostre leggi, perché è qualcosa che noi teniamo segreto.
10. L’essere umano è superiore agli animali e alla natura?
No, non lo è.
11. Qual è l’essenza dell’essere umano? È una creatura speciale con una missione speciale?
Noi tutti abbiamo un ruolo e delle responsabilità, e l’essenza che ci rende diversi dagli altri esseri credo sia la compassione.