Il vespaio stuzzicato/Illustrissimo, et eccellentissimo signore

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Illustrissimo, et eccellentissimo signore
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ILLUSTRISSIMO,

ET ECCELLENTISSIMO

SIGNORE.


Il merito è un centro, ove corrono tutte le linee delle venerazioni, e degli ossequij. La grandezza d’un’indole, l’integrità d’un costume, la desterità d’un maneggio, la [p. vi modifica]maturità di un senno, e la sublimità d’un’intendimento son quelle doti, che rendono un’anima privilegiata nell’assoggettarsi gli altrui voleri. Anche la nobiltà d’un natale, la venustà d’un volto, e la maestà d’un sembiante son condizioni, benche esteriori, e corporali, caldamente raccomandate dalla Natura al favore dell’humane affezioni. L’Heraclia pietra non sà tragger’il ferro, che in proporzionata distanza: ma le qualità singolari di riguardevole, ed eminente soggetto traggono, anche da lontano, le adorazioni. Ed è pur vero, che la sola relazione della Fama può rapire le volontà. Ma faccia le glorie risuonar di un’Achille chi può dar fiato d’un’Homero alla Tromba; Scriva le perfezioni d’un Ciro chi può credersi un Xenofonte; celebri l’eccellenze d’un Traiano chi s’assicura [p. vii modifica]di possedere i talenti d’un Plinio, ch’io per me non entro nel vastissimo Pelago delle sue lodi, e de’ suoi gloriosi Antenati; mentre mi conosco un Palinuro infelice, e sò che questa è navigazione da riserbarsi alla perizia de i Tifi più eruditi dell’Eloquenza. Basti à me solamente il dire, che non v’è forse ricordanza, ch’altro regio antepassato Rappresentante habbia meglio dell’Eccellenza Vostra saputo guadagnarsi la stima, e gli applausi di questo Publico; vedendosi particolarmente esaltata la sua clemenza fino alle Stelle, che non potrebbe invidiare alle glorie de i Scipioni, de i Cesari, e degli Augusti. Che maraviglia dunque, se al concorso di tante grazie, che nella persona dell’Eccellenza Vostra risplendono, ammiratore anch’io divenuto, ed adoratore in un punto, vengo ad offerirle il vassallaggio [p. viii modifica]della mia servitù, benche ignoto pur’anco, e da suoi favori fino ad hora lontano? Argomento è il timore d’animo debole, e per ciò mi fò lecito d’assumer l’ardire, e nel grembo alla protezione dell’Eccellenza Vostra mi pongo; mentre alla grandezza del suo nome consacro queste mie Satire, uscitemi dalla penna nel mezzo de villarecci trattenimenti, e non forse d’ingioconda lettura; benche trattate con le frasi del Volgo. Ma, perche non può fare, che non mi turbi l’altezza di un soprafino sapere, temo, che non venga ad aprirmi più di Giudice, che d’Uditore l’orecchio. Non mi sgomento però: l’heroica benignità di Vostra Eccellenza abbastanza me ne affida: e, se bene d’Armi, e di Cavaliere i fogli non vergo, non vò disperarne talvolta qualche propizia, e favorevole occhiata. [p. ix modifica]E chi non sà, che anche picciola Musa può haver le sue grazie, e può nel mezo de’ cibi più ghiotti, benche vile, appetirsi l’oliva? Dò poco, no’l niego: ma grato abbondevolmente si mostra chi da ciò, che può dare: e, se mi mancano per avventura le forze, confido, che non sarà per essermi biasimata la volontà; ne dispero il favore di Vostra Eccellenza; mentre io pur sò, che una mente generosa facilmente si muove. Supplico per tanto l’Eccellenza Vostra à voler condonarmi benignamente questa arditezza, ed insieme à degnarsi di aggradire questo mio picciolo sì, ma divoto, ed ossequioso tributo, affine di lasciarmi godere il beneficio di questa fortunata apertura d’introdurmi alla grazia pregiatissima di Vostra Eccellenza, ch’è ciò, che [p. x modifica]bramo sopramodo, ambiziosissimo, che il Mondo in avvenir mi conosca qual’io propongo di professarmi eternamente

Di V.E.



Venezia li 5. Giugno 1671.



Humiliss. Divotiss. & Obligatiss. Serv.
Dario Varotari.