Il tutore/Lettera di dedica

Lettera di dedica

../ ../L’autore a chi legge IncludiIntestazione 30 aprile 2020 100% Da definire

Il tutore L'autore a chi legge
[p. 329 modifica]

AL NOBIL UOMO

SIGNOR CAVALIERE

PIETRO GIROLAMO

INGHIRAMI

Patrizio Volterrano, Priore dell’Ordine di Santo Stefano
Della Città di S. Sepolcro, de’ xii Cavalieri del
Consiglio dell’Ordine suddetto, Commissario
e Capitano Generale della Città di Pisa
E Luoghi annessi ecc.
1


S
ICCOME la felicità dei Popoli consiste principalmente in avere chi dolcemente li regga, tenendo loro lontani i mali e procurando il pubblico bene, così, Illustrissimo Signore, felicissima ho reputata e reputo tuttavia la Città di Pisa da voi governata, retta e beneficata con tanto amore, con tanta prudenza, con tanta equilibrata giustizia. Sei anni or sono, mi trovai anch’io a parte di cotesta invidiabile contentezza, allora quando trattenendomi in Pisa coll’esercizio della Professione Legale, ebbi campo di poter discernere da vicino le Vostre eroiche Virtù, e le ravvisai tanto più facilmente, quando Voi vi degnaste onorarmi della Vostra benefica protezione, della Vostra benignissima predilezione. Conobbi in Voi un Cavaliere da Dio formato per governare, unendosi nell’animo Vostro tutte quelle Virtù, che necessarissime sono per sostenere i dritti della Giustizia, senza perder di mira la compassione; rappresentare ai Popoli con decoro l’immagine della sovranità, ed essere Padre amoroso de’ suoi soggetti, mediatore di grazie fra l’Augusto Sovrano e i Sudditi fortunati. CESARE clementissimo ha voluto beneficare la Città di Pisa, concedendole un così pio, un così giusto Rettore. Pisa fortunatissima esulta e [p. 330 modifica]giubbila, e si rimbellisce sotto il Vostro Governo. Io l’ho veduta dopo sei anni, arricchita di fabbriche e di negozj, accresciuta di Popolo, magnifica sempre più ne’ suoi rinomati spettacoli. Bellissimo, sorprendente oltremodo è quello con cui la sera del decimosesto giorno di Giugno, di tre in tre anni offrono i Cittadini Pisani un pubblico segno di pietà, di gratitudine, di rispetto al loro Concittadino e Protettore benefico San Ranieri. Vidi in cotal sera in quest’anno ardere la Città tutta da un infinito numero di bene ordinate fiammelle, le quali non solo illuminavano da cima al fondo case, palazzi, ponti, fabbriche, prospettive, ma con bellissime architetture, con nuovi disegni, con macchine artifiziose facevano cambiar aspetto alla Città tutta, in una maniera che io certamente non so descrivere, e pochi avranno la possibilità di poterlo fare perfettamente; poichè se ciò raccontato ci venisse d’antichi Popoli solamente, e dall’occhio nostro o dalle relazioni di chi ha veduto non ne fossimo assicurati, si crederebbe una favola. Questa triennale magnifica pompa, che chiama i popoli da lontano ad ammirarla, fu da me sei anni or sono veduta, e ne restai sorpreso. Volle la mia fortuna che io potessi quest’anno ancora vederla, ma quantunque le cose di già vedute scemino in chi le rivede l’ammirazione, questa in me vieppiù si è accresciuta, trovando la sontuosissima illuminazione aumentata nella estensione, migliorata ancora più nel disegno, con una estraordinaria affluenza di Popolo forestiere, che lungo il bellissimo Arno, e per entro al fiume medesimo, s’affollava per le vie, per le piazze, nelle carrozze, nei navicelli, ad ammirare il più bello spettacolo della terra. Questo spirito di pietà e di magnificenza viene risvegliato nei Popoli dalla tranquillità, dalla pace; e queste bellissime fonti d’ogni altro bene sono mantenute da Voi, Nobilissimo Signore, perenni e pure e abbondantissime ai Pisani Vostri, e quanto più la Vostra vigilanza, l’affetto Vostro congiunto al Vostro sapere, cerca di migliorare lo stato loro, tanto più in essi aumentasi la divozione, il zelo, la splendidezza e il decoro.

Oh quanta consolazione ho io avuto nel rivedere, dopo sei anni, una Città che adottato mi aveva per figlio, un Padrone [p. 331 modifica]che tra i felicissimi suoi servidori avea me pur collocato! Il mio destino mi chiamò altrove; abbandonar mi convenne il Foro per seguitare, dietro l’orme degli scordati Autori, il Teatro; non mai però dal cuore e dalla memoria Pisa si è staccata, e il benignissimo Reggitore che la governa; e ho sempre ardentemente bramato potere degli obblighi miei e della mia umile riconoscenza un qualche testimonio produrre. Pisa l’avrà forse un giorno, or abbialo la Signoria Vostra Illustrissima in questa miserabile offerta ch’io ardisco farle di una delle mie cinquanta Commedie. Egli non è certamente un dono che misurare si possa colla Grandezza Vostra; altro si converrebbe tributo d’Opera insigne di accreditato Autore ad un Cavaliere illustre cotanto per antichità, l’origine della di cui Nobiltà trovasi fra i remotissimi principi della Repubblica Volterrana: una Famiglia che in tutti i tempi, e sotto varj domini, ebbe sempre una continuata serie di onori, di cariche, di dignità; che colle parentele più illustri mantenne la purezza del sangue, e l’aumentò, e la trasfuse. A un Cavaliere, aggiungasi, che ai doni eccelsi della Fortuna possiede in sè accoppiati mirabilmente quelli dell’animo e della natura. Ma questi non li volete voi riconoscere quali sieno, per effetto di una singolarissima moderazione, e sdegnate sentirne in faccia vostra discorrere, di che mi avvidi qualunque volta provai dir cosa alla presenza Vostra, che del mio interno conoscimento assicurar vi potesse. Tacerò dunque, dove più potrei estendermi, delle lodi vostre parlando; torno a riflettere alla tenerissima offerta ch’io son per farvi. Graditela per effetto di somma Vostra benignità, e siccome godete assai più nel beneficare che nell’essere dei benefizi riconosciuto, spargete sopra di me le Vostre grazie, proteggendo questa Commedia che vi offerisco, e me medesimo che nella Vostra protezione confido; con tal fiducia, non dal merito mio, ma dalla Vostra eroica virtù derivata, prendo coraggio di protestarmi in faccia del Mondo, quale con profondissimo ossequio mi rassegno

Di V. E. Illustrissima

Umiliss. Devotiss. e Obbligatiss. Serv.
Carlo Goldoni.


  1. Questa lettera di dedica uscì la prima volta nel t. II. dell’ed. Paperini di Firenze, l’estate dell’anno 1753.