Il testo del nuovo Patto marino/Il testo del nuovo Patto marino scritto a penna da Gabriele D'Annunzio

Il testo del nuovo Patto marino scritto a penna da Gabriele D'Annunzio

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Il testo del nuovo Patto marino scritto a penna da Gabriele D'Annunzio
Il testo del nuovo Patto marino Commiato al Patto marino e Licenza ai fedeli interpreti

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Il testo del nuovo
Patto marino
scritto a penna
da Gabriele d’Annunzio

⁕ 21 luglio 1923.

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Dopo tanto sangue profuso e dopo tanta passione confusa e dopo tanto travaglio sofferto, l’Italia si rinnova dalle fondamenta.

Quegli uomini sinceri che sentirono il dovere di combattere, oggi sentono il dovere di costruire. E, in punto di costruire “la più grande Italia„, si propongono di imitare nell’ardor silenzioso e nella misurata fatica quei costruttori della Cat[p. 3 modifica]tedrale anonimi che, dal primo architetto all’ultimo mastro di pietra, sacrificarono il nome e la fama e pur anche la mercede alla gloria di Dio.

Così conviene che questo patto sia sine nomine. E non vanamente si allude, in questa materia corale e religiosa, al titolo d’una messa dal nostro Palestrina composta sopra un tema popolare, sopra una [p. 4 modifica]pura melodia di popolo. Missa sine nomine. Le necessarie firme dei varii mallevadori non rappresentano se non l’animo equo di tutti. Pactum sine nomine.

Ogni vera cooperazione, ogni vera concordia cooperatrice non può essere afforzata e cementata se non dallo spirito di sacrifizio: da quello spirito che è — e deve essere — la nostra [p. 5 modifica]santa eredità di guerra, il retaggio dei nostri santi morti.

E, se giova nel patto invocarne la testimonianza protettrice, noi vogliamo augurare che la nobiltà della rinnovata Patria possa non troppo tardi addimostrare il suo riconoscimento agli equipaggi della Marina mercantile accordando a essi la “polizza dei combattenti„. [p. 6 modifica]

E anche vogliamo augurare che il nuovo Governo d’Italia possa concedere agli equipaggi in navigazione il diritto di voto politico guarentendone con opportuni modi la sincerità e sicurtà.

Ricordiamo, alla soglia di una vita più forte e più generosa, che le nostre stirpi marinare superarono in virtù espansi[p. 7 modifica]va ogni esempio di Atene e di Corinto.

Ricordiamo che popolarono le colonie più lontane,

che diedero capitani a tutte le armate di tutti i mari;

che portarono nell’Atlantico le costumanze del Mediterraneo;

che prime trovarono e tentarono le quattro grandi vie delle Indie;

che con gli statuti di Gaza[p. 8 modifica]ria e di Romania iniziarono le Compagnie di navigazione;

che con i lor brevi e i loro lodi e i loro decreti consolari dimostrarono di avere approfondito ogni sapienza nel governare il traffico;

che stabilirono Banchi in tutto l’Oriente e che in tutto l’Oriente e altrove sparsero il benefizio mercatorio dei prestiti e dei cambi. [p. 9 modifica]

Né la gloriosa rivendicazione può qui esser terminata, né può essere tutta quanta inclusa in questo patto.

Ma compirla sarà fiero compito d’altri; ché, quando la potenza della razza sente che il Passato esiste, sente anche vivo nel suo pugno l’Avvenire.

Per ciò la nostra fede in [p. 10 modifica]questo patto, evocando il popolo primo dei mercatori e dei navigatori in parlamento, risuscita il vecchio grido del Cintraco giurato: «Fiat populus». Risuscita il grido dell’unanime assenso: «Fiat! Fiat!»


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Ed ecco le condizioni essenziali dell’accordo.

I. Il contribuito dei marinai federati, che ha nome antico e recente di significato spirituale e di fraterna comunanza «Provvisione di benefizio», sarà obbligatorio nella misura del 2%.

Ma puramente volontario, nel [p. 12 modifica]la misura del 3%, sarà quello destinato alla Compagnia cooperatrice «Garibaldi».

E sarà nei contratti di arrolamento inscritta la formola riguardante l’uno e l’altro contributo, concordata e statuita.

E dall’impiego socialmente benefico di esso denaro sarà data guarentigia onorevole. [p. 13 modifica]

II. Sarà interamente osservato l’impegno, assunto dal Regio Governo, di non sottoporre a nuova discussione i “Regolamenti organici„ che determinano il servigio degli addetti alle Compagnie di Navigazione.

Essi regolamenti non potranno in ogni modo essere rifusi se non quando sia superato il disagio economico che tutta[p. 14 modifica]via travaglia la nazione; e ogni ritocco sarà fatto con largo spirito di equità verso gli addetti e non con l’intento di menomarne il diritto acquistato.

III. Perché il patto primitivo, firmato fra il Capo del Governo ed il Comandante Gabriele d’Annunzio, non sia in alcun modo violato o [p. 15 modifica]deluso, si considera disciolto il Consiglio consultivo allora eletto; e si statuisce che ogni richiesta degli Armatori, nei riguardi dei Navigatori e anche degli Amministratori marittimi, e ogni controversia fra gente di mare lavoratrice e datrice d’opra, sia sottoposta all’esame di una autorità giudiciale eletta e per accordi e per [p. 16 modifica]suffragi a definire con arbitrato la differenza.

IV. Nelle linee marittime percorse con sovvenzione dello Stato e nei servizi transatlantici non liberi, gli addetti alle manovre di bordo o alla cura delle spese, se licenziati per infermità o per vecchiezza o per mancanza di [p. 17 modifica]offici, avranno diritto a una indennità equamente stabilita dal collegio arbitrale sopra mentovato, all’infuori dei loro istituti di previdenza.

V. Nei modi più opportuni e nel tempo più breve saranno restituite alla «Garibaldi» le somme di credito verso lo Stato; e a questa medesima Compagnia cooperatrice sarà [p. 18 modifica]agevolato l’acquisto delle navi-cisterne alla Regia Marina superflue.

VI. Tenendo per fermo che nel tempo della santa guerra ogni varietà di naviglio da traffico, senza eccezione, incorse in tutti i pericoli dei mari insidiati e che nessuna ricerca vale a determinar certamente le “cause ignote„ [p. 19 modifica]per cui tante navi disparvero, saranno alfine concesse alle famiglie dei marinai in servigio su i due piroscafi italiani «Luigi Parodi» e «Gaspare» le giustissime indennità da troppo tempo attese nell’afflizione e nella miseria.

VII. Il collegio arbitrante sopra mentovato provvederà a [p. 20 modifica]regolare i turni degli imbarchi, considerando tutti i vantaggi del buon servizio per la buona nave nella buona rotta ed evitando qualsiasi esclusione persecutrice e qualsiasi privilegio odioso a danno della gente marina d’ogni mestiere e d’ogni comando.

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A queste condizioni fondamentali del fraterno accordo giova aggiungere — nel nostro modo latino, religioso più che superstizioso — l’augurio unanime

che la lunga costa italiana fertile d’uomini e d’opere sia per essere come un tempo tutta la Liguria «un solo cantiere» [p. 22 modifica]

e che agli Italiani liberi sia rinnovato il titolo di gloria già a essi conferito dall’antico cronista Jean d’Auton: „I re del Mare„.

Per i Marinai e per gli Armatori e per tutti gli Italiani di buona fede e di buona volontà

Gabriele d’Annunzio

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la sentenza quadrata da gabriele d’annunzio composta,

nel latino della “Compera Magna Pacis”, sopra le quattro

lettere iniziali della sigla marina F. I. L. M.


Fatis Italiae laborat Mundus.

Fero Italiae lucem Mundo.

Fulget Italia limitibus Mundi.

Fides Italiae laetificat Mundum.



Sollecitano i fati d’Italia il Mondo.

Porto la luce d’Italia al Mondo.

L’Italia splende ai limiti del Mondo.

La fede d’Italia allieta il Mondo.


Gabriele d’Annunzio trad.
⁕ 9 decembre 1922.