Capitolo XXX

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XXIX XXXI
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XXX.

(Dal quaderno).


Magonza, Hôtel Karpfen, 21 giugno.

Amica mia, tu vorrai sapere cosa ho sentito questa sera, a Magonza. Ecco: di essere sulla soglia d’un’eternità. Anche la prima sera che udii la tua voce ebbi una simile impressione, ma allora la porta dell’eternità era chiusa. Adesso, diletta mia, io sono tu, la porta è aperta, odo la voce tua, sento che mi rinnovo, ch’entro in un mondo superiore. Cara, forse io pecco d’orgoglio, mi pare che nessun altro amore somigli al nostro, che siamo veramente uniti in Dio; questo pensiero mi esalta, mi inebria tanto! Credi, credi anche tu così! Ho avuto stanotte uno slancio tale di questa fede, contemplando sopra i fanali di una piazza deserta le sommità [p. 278 modifica]oscure della cattedrale. Ho alzato al cielo le mani congiunte.

Diletta, sei tu che mi rinnoverai. Se tu sapessi, sono come un fanciullo che sento di trasformarsi in un giovane, e ne ha la febbre. E la giovinezza, la vita piena, la potenza, la gioja sei tu. Tu mi farai quello che sarò poi sempre, poichè questa giovinezza che mi comincia ora è eterna. Lo credi, lo sai ch’entriamo nell’eternità? Stringiti a me, stringiti a me, perchè tu pure sarai rinnovata con me. Tutte le tue tristezze, tutti i dubbi, tutto l’amaro dell’anima tua, tutte le spoglie della prima imperfetta vita cadranno. Puoi tu immaginare il tempo che verrà poi?

Amore mio, senti questa cosa; noi non vediamo ancor bene. Quando saremo un solo, non ci potremo più dire a vicenda: «Tu sei la vita, la potenza e la gioja;» ma gli occhi nostri si apriranno, e noi, cercando nel nostro cuore, nei nostri pensieri, nelle nostre opere, in tutte le cose, l’Amore infinito, diremo a Lui, sempre a Lui: «Sei nostra vita, potenza e gioja!».

Dove sei tu in questo momento? Addio, ti amo! [p. 279 modifica]

(Versi pensati stasera in ferrovia, tra Francoforte e qui, non disciplinati nè disciplinabili):

Il treno va e tuona.
Guardando la fioca
Lucerna che trema,
Io penso la fine,
La dolce, la cara
Lontana persona
Che posa pensando
Me solo, e, pensando,
A me s’abbandona;
Il treno va e tuona.
Guardando le stelle
Immobili, austere,
Guardando le nere
Parvenze de l’ombra
Che fugge, che vola,
Io penso lei sola,
Io vedo lei sola,
Respiro lei sola,
Ovunque presente
Nel cielo, ne l’ombra,
Ne l’aria fuggente,
Ne l’ebbra mia mente,
Io sento il suo cuore
Che batte, che batte,
Le voci sue rotte
Che dicono: «Vieni,
Cedo, vieni, vieni.»
Il treno va e tuona.