Il milione (Pagani, 1827)/Il Milione di Marco Polo, Testo della Crusca/129

129. Della Città che si chiama Quisai

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129. Della Città che si chiama Quisai
Il Milione di Marco Polo, Testo della Crusca - 128 Il Milione di Marco Polo, Testo della Crusca - 130

[p. 138 modifica]129. DELLA CITTA' CHE SI CHIAMA QUISAI.

Quando l'uomo si parte della città di Cingha (1) e’ va tre (2) giornate per molte belle città e castella ricche e nobile, di grande mercatanzie e artefici ; e sono idoli e sono al Gran Cane, e hanno moneta di carte; egli hanno da vivere ciò che bisogna al corpo dell’ uomo. Di capo di queste tre giornate sì si truova la sopra nobile città di Quisai (3), che (a) vale a dire in Francesco, la città del Cielo : (4) e conterovi di sua nobiltà, perocch’ ella è la più nobile città del mondo, e la migliore (5). E (b) dirovi

(1) Cinghi (Cod. Pucc.) Singhui (Magl. II.) - (2) Cinque ( Magl. II.) - (3) Quissai (ibid.) Quinsai (Cod. Ricc.) - (4) Questa è la maestra città del Mangi (Magl. 1I.) - (5) Maggiore ( Cod. Puc.).

(a) Che vale a dire in Francesco. Nuova prova che il testo è tralaziono dal Francese, come la frase sopra nobile che è litterale traduzion della voce surnoble, antiquata anche in quella favella.

(b) La descrizione di Quinsai o di Hang-Tcheu ha procacciata al Polo la reputazione eli esagerato, ed anche di menzognero. Lo avverti il Cluverio (Introd. Geograph. p 525.) Fece al dotto autore grave impressione l’affermazione, che eranvi dodici mila ponti, sotto i quali potevano passare i maggiori navilj a albero alzato. Ma è da avvertire che ciò non leggesi che nella scorretta edizione Latina del Milione data dal Grineo (Nov. Orb. p. 592). Questa particolarità fu aggiunta dal traduttore, poiché non leggesi nè in questo testo, nè negli altri da me veduti. Nel Codice Riccardiano è • letto soltanto : « Huius civitatis circuitus continet in giro miliaria centum aut circa. Habet pontes lapideos duodecini millia, tantum altitudini, ut navis sub eis, ut pluriinum transire possit ». Nella lezione Ramusiana leggasi che su principali canali sonovi stati voltati ponti cosi alti, che le navi possono passarvi sotto senza albero. Sebbene il giro di cento miglia,che ha la città,e i dodici mila ponti sembrino a giusta ragione una exagerazione, e sianlo parso anche a Magaellanes, il Padre Martini non esitò a credere che possno esser tanti, comprendendovi gli archi di trionfo fatti a maniera di ponti, e quelli dei borghi. Nè disconviene che compresi gl’ immensi borghi abbia la Citta un girq di cento miglia (Atl. Sin. p. 88 ). Ma anche che sieno esagerazioni, esse Soni» degli abitanti, e non del viaggiatore, cui non può rimproverarsi che una credula deferenza. Anche oggidì ninno nelle sue peregrinazioni conta le case di Parigi, e di Londra, ma quanto al numero di esse, sene attiene alle asserzioni degli abitanti. D’altronde il Polo ne parlò come gli altri viaggiatori dei suoi tempi. Leggesi nella relazione del B. Oderico da Pordenone,che da Zaiton si recò a Can- say: » che appresso noi vuol dire città celestiale » eh’ è la maggiore città che sia nel mondo. Soggiunge che è opinione di molti Cristiani e di altra geni e,che abbia di circuito cento miglia, che il fiume passale discosto come il Po da Ferrara, e che è circondala da lagune come Venezia, che nel suo contorno sono più d’undici mila ponti. Ch’ ha dodici porte distanti l’ima dall’altra otto miglia , lo che darebbe novantasei inilia di giro. Segnò Chansai nel suo lappamondo fra Mauro : e il Fiorentino Calducci ne parla anche esso come il di[p. 139 modifica]di sua nobiltà, secondo che il Re di questa provincia iscrisse a Baiarn, che conquistò questa provincia delli Magi ; e questi lo mandò a dire al Gran Cane, percioch’egli sappiendo tanta

mostrai in una nota della Vita del Polo. Il Marlini (1. i c. p. 186.) e Magaellanes (p. 21) furono i primi a riconoscere che Quinsay non era città distrutta come credeasi in Europa, ma che era Hang-Tchou nella provincia di Tche-Kiang. E agevole cosa era il ravvisarlo tanto esattamente ne descrive la località il Polo, cioè fra un fiume ch’è il Tcien- tang-Kiang, e un amenissimo lajo detto Si-hou sul quale si trovano le due ¡solette rammentate dal Polo . Anche oggidì se ne veggiono decorate le rive da vaghi templi e palagi. ( L)u Ilaici. L i. p. 176) Secondo d du Haldoha il lago di giro due leghe . secondo il Polo trenta miglia, ina appellò il nastro forse miglia la misura itineraria Cinese detta Ly. Dal tronco principale del fiume staccansi rami e canali che traversano la città come può ravvisarsi dalla pianta datane dal Du Hai lo. Questi canali I’ intersecano è la circondano, per lo che disse il nostro: » Est autem 1 ivitas in lacunis sicut ci- » vitas Venetiarum » ( Cod. Ricc. ) . L’ asserzione che Quinsai vuol dire città crlesie-viene dal proverbio Cinese co- Tnunicatomi gentilmente dal Sig. Kla- prot . Kang-jreu-tien-tang. Hia-yeu-Su-Haag . Che significa in alto vi è il paradiso , abbasso sonovi Su , e Hans cioè le città di Su-tcheu , e di Ifaiig-tcheu . Di Su- tcheu parlò il Polo e 1’ appellò Signi o òingu) . Ciò clic poi toglie ogni dubbio che Hanff-tcheu è la città detta dal Polo Quinsai è l'indicazione che era ai suoi tempi la capitale dclli Mangi, o della Cina meridionale , e residenza degl’ lmpe- radori. Per dimostrarlo Magaeltanes reta uno squascio d’una Cronaca Cinese, la «piale afferma che i Song,o la dinastia in allora regnante spaventati dai Tartari scelsero quella città per residenza, (l e.) Infuni allorché i Tartari Nutchè s' im- possossarouo della sctleulriuiial par Le della Cina presero Cai-fong-fu che era la residenza Imperiale. L’imperadore Kao- tsonp scelse per residenza Hang-tcheu secondo il Padre Martini nel 11 55. ( 1. c. p. 88. ) , secondo annali Cinesi nel J129 ( Hist. Gen. de la Ch. t. vm. p. 474- ) • Talché allorquando visitò il Polo l i città, era la residenza degl’impe- radori da un secolo e mezzo in poi , e ciascun dee riflettere quanto ciò avesse dovuto renderla popolosa e opulenta . Auch<‘ nel suo stato presente che è provinciale città prctendesi che faccia più d’ un milione d’abitanti . ( Du Haìd. t. 1. p. 176. Ambas, de Macart. 1. c. ) Deve tanta popolazione al suo traffico e alla sua situazione posta come Londra sopra un gran fiume, il quale risalgono i uà vi Ij a grado della marea , perlochè è uno degli emporj marittimi della Cina i più importanti : E inoltre la città ove il più gran lavorio della seta. Sessanta mila lavoranti prctendesi che siano nel recinto delle città,senza contare il numero immenso di essi che abitano i borghi. ( Du Hald. 1. c. ) Quanto all’ etimologia della voce Quinsai,tutti i rammentali scrittori la derivano dalle voci Cinesi King-sse che significa il luogo ove l’im- peradore tien sua corte ( Ilist. Gen. de la Chine, t. x. p. 410. uot. , Mart p. 88. ). Secondo Visdelou ( Sup. a la Bibl. d’Ilerb. p. t). ) la voce Kini o King significa altezza scoscesa per ogni parte e smisurata. Sse significa moltitudine , modo metaforico per indicare la coi-41? sovrana. Allorché risiedevano a Ilange tcheu i Song era anche appellata Linau- gau-fu ( Hist. Gen. de la Chin. t. XII. p. 78. )Ci;rscun ravvisa, che cessando d'essere la dominante,non potè ulteriormente appaiarsi Quinsai • Dimostrato da tanti argomenti che la città detta Quinsai dal Polo è Haug-tchèu nOn può non recar meraviglia, che il celebre relatore dell'ambasciata di Lord Macartcìiy abbia asserito, che Quinsai era la città di Tien 5ing( Ambas. I. 111. p. 57. ). •nob [p. 140 modifica]nobiltà, nolla fa rebine guastare ; ed io vi conterò per ordine ciò che l'iscrittura conteneva : e tutto è vero, perocché io Marco il yiddi poscia co’ miei occhi. La città di Quisai dura in giro cento miglia e hae dodici mila ponti (1) di pietra, e sotto la maggiore parte di questi ponti vi potrebbe passare, sotto 1’arco, una gran nave, e per gli altri bene mezza nave ; e niuno di ciò si maravigli, pereiochè ella ee tutta in acqua , e cerchiata d'acqua, e però v’ ha tanti ponti per andare per tutta la terra . In questa città v’ha dodici arti (2), cioè d’ogni mestiere una, e ciascuna arte hae dodici mila istazioni (a), cioè dodici mila case; e in ciascuna bottega hae almeno dieci uomeni, e in tale quindici, e in tale venti, e in tale trenta, e in tale quaranta, non tutti maestri, ma discepoli . Questa città fornisce molte contrade ; e havi tanti mercatanti e si ricchi e in tanto novero, che non si potrebbono coniare, che si credesse. Anche vi dico che tutti li buoni uomeni e le donne e li capi maestri non fanno nulla di loro mano, ma stanno così delicatamente come se fossero re ; e le donne come se fossero cose angeliche. Ed evvi uno ordinamento, che niuno puote fare altra arte che fece il padre , se 1 suo valesse un milione di bisanti d’oro non oserebbe fare altro mestiere . Anche vi dico, che verso mezzodì hae uno lago, che gira beue trenta miglia e tutto dintorno ha belli palagi e case fatte maravigliosamente, che sono di buoni uomeni gentili, e havi moni- steri e badie d’idoli in grande quantità ; nel mezzo di questo lago hae due isole, su ciascuna hae un molto bel palagio, e ricco, si ben fatto, che bene pare palagio d’imperadore ; e chi vuole fare nozze e conviti sì 1 fa in questi palagi , e quivi è sempre fornito di vasellamenti (3), e di scodelle, e di taglieri (/>), e d’altri fornimenti. Nella città ha molte belle case e torri di pietra e spesse , ove le persone portano le cose , quando s’ aprende fuoco nella città, che molto ispesso vi s’accende, perchè v’ha molte case di legname . Egliono mangiano tutte carne così di cane, come d’ altre bruite bestie, e come delle buone, che per cosa del

(1) Ponías lapídeos duodecìmmillìa ( Cod. Ricc.) - (2) Arti caporali, e principali { Cod. Puc. ) - (3) Vasellamenta ( Cod. Puc. )

(a) Istazione per abitazione ; la Crusca adduce 1’ esempio di Guido Giudice : ,,per le dette piazze erano li luoghi dell'arti meccaniche con proprie stazioni„.

(b) Tagliere sebbene sia quel legno net quale si tagliano le vivande , usarono tal voce gli antichi per significare piatto o tondino. [p. 141 modifica]mondo niuno Cristiano mangerebbe di quelle bestie eli’ egli mangiano. Ancora vi dico, che ciascuno de dodici mila ponti guarda dieci uomenididì e di notte, perchè niuno fosse ardito di Ribellare la città. Nel mezzo della città v’ hae un monte , ove hae suso una torre , ove istà suso sempre uno uomo con una tavoletta in mano , e davvi suso d’ un bastone, che bene s’ode dalla lunga , e questo fa quando fuoco s’ aprendesse nella città , o elio mischia, o battaglia vi si facesse. (7/) Molto la fa ben guardare il Gran Cane , peiciuccli’ ò Capo di tuua la provincia dei Magi , e perchè n’ha di questa città grande rendita, si grande che a pena si potrebbe credere ; e tutte le vie della città sono lastricate di pietre e di mattoni ; e cosi tutte le mastre vie delli Mangi, sicché tutte si possono cavalcare nettamente, ed a piede altresie. E ancora vi dico che questa città hae bene tremila istufe (Z>) , ove prendono gran diletto gli uomeni e le femmine , e vannovi molto ispesso, perocché vivono molto nettamente di lor corpo (c), e sono i più belli bagni del mondo, e i più grandi , che bene vi si bagnano insieme cento persone. Presso a questa città (i) a quindici miglia è il mare Oceano, ed è tra greco e levante . E quine (<tQ è una città che ha nome Giafu (S),ove ha mollo buon porlo, e liavi molte navi che vengono d india , e d’ altri paesi. E da questa città (e) al mare, hae un gran fiume , onde le navi possono venire in fino alla terra. Questa provincia deli Magi hae partita il Gran Cane in otto parti, e hanne fatti otto (3) reami grandi e ricchi e tutti rendono ogni anno trelmto al Gran Cane ; e in epiesta città dimora 1 uno di questi re, e hae sottose bene cento quaranta città grandi e ricche. E sappiate che la Provincia delli Magi ha bene mille dugento cittadi , e ciascuna ha guardie per lo Gran Cane, coni’ io vi dirò . E sappiate che in ciascuna di quelle, il meno che habbia, si sono mille guardie, e di tale n ha diecimila, e (i) Città ( Cod. Puc.) (2) Icnfu ( Cod. Puc. ) Canfu ( Magi. II. ) Ganfu ( Cod. Rtcc. ) (5) i\ovem ( Cod. Rice. ) Nove ( Magi. 11. ) (ri) L’ uso della Guardia del fuoco vien confermato dal Padre Martini ( Atl. Sin. p. 17.) (b) Stufe. Stanze riscaldate da fuoco, che si fa sotti», e da lato . Così definisce la voce il vocabolario . Ma in questo caso significa bagno. (c) Modo leggiadrissimo di esprimere coloro, che vivano sensualmente e tutti dediti ai piaceri di tal latta . (dj Quine per qui idiotismo pari a que Ilo usato dal popolo tuttora di dire trene pei tre ; mene per me . (e) Dee sottintendersi di Quinsai. [p. 142 modifica]ili tali ventimila e di tale trentamila, sicché il numero sarebbe si grande, che non si potrebbe contare, nè credere di leggieri . (a) Ne non intendiate, che quegli uomeni siano tutti Tar- teri, ma ven’ ha del Cattai ( i) • e non sono tutti a cavallo quelle guardie, ma gran partito a piede. La rendita del Gran Cane di questa provincia delli Magi non si potrebbe credere, nè a pena iscrivere, e ancora la sua nobiltà. L’usanza de’Magi, sonocom’io vi dirò. Egli è vero che quando alcuno fanciullo nasce, o maschio o femmina , il padre fà iscrivere il «.lì t; l’ora e U pumo e il segno e la pianeta , sotto ch’egliè nato, sicché ogni uomo lo sa di se(2) queste cose; e quando alcuno vuole fare alcuno viaggio,o alcuna cosa, vanno a’ loro astrologi ,in cui hanno gran fede , e fannosi dire lo loro migliore (3). Ancora vi dico che quando lo corpo morto si porta ad ardere, tutti i parenti si vestono di canovaccio , cioè vilmente , per dolore , e vanno così apresso al morto, e vanno sonando loro ¡stormenti e vanno cantando loro orazioni d’idoli* e quando e sono là ove il corpo si dee ardere, e’ fanno di carte uomeni e femmine , cavalli, danari, cammelli e molle altre cose; quando il fuoco è bene acceso fanno ardere il corpo con tutte queste cose, e credono che quel morto, cioè colui, avrà nell’altro mondo tutte quelle cose da di- verò al suo servigio, e tutto l’onore che gli è fatto in questo mondo quando 1’ardegli sarà fatto quando andrà nell’altro mondo dagli Idoli (Jj) . E in questa terra ee il palagio del Rè che si fuggì, (i) Asiai ( Cod. Puc. ) (2) E et altrui ( Cod. Puc. ) (3) Quello eh' è da far« ( Cod. Puc. ) (a) Quantunque il potere degli Impe- radori della Cina posteriori a Cublai Can non sia di gran lunga da compararsi al suo, sterminato è tuttavia il numero dei soldati in Cina . Secondo il Semedo e il Ricci eranvi ai loro tempi alla guardia di Nan-King 40000 Soldati , 80000 in Pekino, e più d'un milione nell'Impero ( Semed. p.142) Oggidì secondo Ma- carteny si reputa che l’armata sia un milione di fanti , e ottocento inila cavalieri ( Amb. t. IV. p. 520.) (A) 1 riti funebri sono minutamente descritti dal Semedo (p. 108 ). E vedonsi confermale le asserzioni del nostro , c 1’ uso di prendere il bruno vestendosi di panni grossi, e pesanti di color bianco . Sembra che sia accaduto un cambia, mento in detti l iti che prima ardevano i corpi molli, oggidì gli pongono in casse e sotterratigli . Tuttavia 1' uso di altiere i corpi non pare, « he esistesse nemmeno anticamente, mentre ai tempi del primo Relatore Musulmano pubblicato dal Rinaudot sotterravangli ( -Anc. Relat. p. 27 ). Ma può darsi che per le continue guerre,e crudeli che afflissero per tanti anni la Cina innanzi l’età del Polo per la sicurezza della spoglia mortale dei iofro parenti usassero ardergli. [p. 143 modifica]ch’era signore deli Magi (^/),ch’è il più nobile e il più ricco del mcn-r do, ed io vene dirò alcuna cosa. Egli gira dieci miglia, ed è quadi o con muro alio e grosso, e attorno,e dentroaquesto muro sono molto belli giardini, ov ha tutti buon frutti, ed havi molte fontane, e più laghi, ov’ha molti pesci. E nel mezzo si è il palagio grande e bello: la sala è molto bella, ove mangerebbono molte persene, tutta dipinta ad oro e ad azurro, con molte belle istorie, ond’è molto dilettevole a vedere, per la copritura non si prò vedere altro che dipintura ad oro. Non si potrebbe contare la nobiltà di questo palagio; egli v’ ha venti sale tutte pari di grandezza , e sono si grande che bene vi mangerebbon agiatamente (i) diecimila uomeni,e si ha questo palagio bene mille camere, E sappiate che in questa città ha bene cento sessanta mila (2) di tomani (/>) di fumanti (r ), cioè di case, e ciascuno tornano è dieci case fumanti, la somme si è un milione (3) seicento mila di magioni abitanti (<7), nelle quali ha gran palagi; e havi una chiesa di Cristiani Nestorini solamente. Sappiate che ciascuno uomo della citta e di borghi hae iscritto in sul uscio lo nome suo, e di sua moglie, e de figliuoli, e de’fanti, e degl'schiavi, e quanti cavagli egli tiene , e se alcuno ne muore fa guastare lo suo nome, e se alcuno ne nasce si lo vi fa porre, (4) sicché il signore della città sa tutta la gente per novero (5), eh’ce nella citta, e così si fa in tutta la provincia deli Magi, e del Cattay. Ancora v’hae un altro costume, che gli albergatori iscrivono in sulla (i) Per una( Coti. Pucc. ) (?} Centoquaranta tomanì , e ogni tornano ha mille focolini ( Magi. Il. ) (5) L'no milione , e seicento mila di fumanti ( Cod. Pcc- ) (4) Si il vi fa porre incontenent e ( ibid. ) (5) E per nome (Cod. Puc. ) (a) Ti-ping ultimo Imperatore della dinastia dei Song,che si iinncg/) nell’anno J279, perduta una battaglia navale per non radere nelle mani dei Mogolli, come «tirassi nell’ illustrazione Storica e Geografica del Viaggio(Hist.Gen. de la Chin t. IX. p. ) (b) Malagevole è il rischiarare questo passo del Milione . Il l'oman voce che non ben compresa fu traslatnta nel Codice Riccardiano Romano dee essere la voce tartarica per esprin ere il numero cullettivo dieci. ¡Numero molto ut uso appo loro: in fatti dì dieci componevano le minori squadre dei loro eserciti. L’uso di computare la popolazione per famiglie, per fuochi, o fumanti come ei dice sussister tuttora nella Cin»( Du Hald. t.

  • • P- 17^ ) . ..

(c) Fumante , per fuoco, o famigli ^ la Crusca ne adduce un esempio di ÌVIah Villani e olire a ciò ordinarono , e di- „ stribuirono tra i cittadini la gabella de ,, fumanti „ [d) Abitanti qui posto per abitabili. "44