LVII. Del numero degli Gran Cani quanti furono

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LVII. Del numero degli Gran Cani quanti furono
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LVii (lxix)

Del numero degli Gran Cani quanti furono.

Sappiate veramente che apresso Cinghys Cane fu Cin (Cui) Cane, lo terzo Bacchia (Batui Can), lo quarto Alcon (Alacu Can), lo quinto Mogui (Mongu Can), lo sesto Cablau (Cublai Can). E questi ha piú podere: che, se tutti gli altri fossore insieme, non potrebbono avere tanto podere quanto ha questo da sezzo, che [p. 66 modifica] oggi hae nome Gran Cane, cioè Cablau; e dicovi piú, che se tutti gli signori del mondo, cristiani e saracini, fossero insieme, non potrebbono fare quanto farebbe Cablau Cane1. E dovete sapere che tutti gli Gran Cani discesi di Cinghys Cane sono sotterrati ad una montagna grande, la quale è chiamata Alcay (Aitai). E ove li grandi signori di tarteri muoiono, se morissono cento giornate dalla lungi a quella montagna, si conviene ch’egli vi sieno portati. E sí vi dico un’altra cosa: che quando i corpi de’ Gran Cani sono portati sotterrare a questa montagna, se fossero a lungi quaranta giornate, o piú o meno, tutte le gente che sono incontrate per quello cammino onde si porta il morto, tutti sono messi alle ispade e morti; e dicono loro quando gli uccidono: — Andate a servire lo vostro signore nell’altro mondo; — che credono che tutti coloro che sono morti lo debbiano servire nell’altro mondo, e cosí gli uccidono;2 e cosí uccidono gli cavagli, e pure gli migliori, perchè il signore gli abbia nell’altro mondo. E sappiate che quando Mogue (Mongu) Cane morio, furono morti piú di ventimila uomeni, gli quali incontravano il corpo che s’andava a sotterrare. Da che hoe cominciato di tarteri, si ve ne dirò molte cose. Gli tarteri dimorano lo verno in piani luoghi, ove abbia molta erba e buona pastura per loro bestie; di state, in luoghi freddi e in montagne e in valli, ove hae acqua assai e buone pasture. Le case loro sono di legname, e sono coperte di feltro, e sono tonde, e portalesi dietro in ogni luogo ov’egli vanno,3 perchè gli hanno ordinato si bene le loro pertiche, ond’egli le fanno, che troppo bene le possono portare leggiermente in tutte le parti ov’egli vogliono. Queste loro case sempre fanno l’uscio verso il mezzodie. Egli hanno carrette Coperte di feltro nero, che, perchè vi piova suso, non si bagna nulla cosa che dentro vi sia. Egli le fanno menare a buoi [p. 67 modifica] e a cavalli4, e in sulle carrette pongono loro femmine e lor fanciulli. E si vi dico che le loro femmine comperano e vendono, e fanno tutto quello che bisogna a’ loro mariti; però che gli uomeni non sanno fare altro che cacciare e uccellare e fatti d’oste. Egli vivono di carne e di latte e di cacciagioni; egli mangiano di5 pomi di faraone, che ve n’ha grande abbondanza da tutte parti; e mangiano carne di cavallo e di cane e di giumente e di buoi e di tutte carni, e beono latte di giumente. E per niuna cosa l’uno non toccherebbe la moglie dell’altro, perochè l’hanno per malvagia cosa e per grande villania. Le donne sono buone, e guardano bene l’onore di loro signori, e6 governano bene tutta la famiglia; e ciascuno può pigliare tante moglie quant’egli vuole, infino in cento, s’egli hae da poterle mantenere. E l’uomo dá alla madre della femmina, e la femmina non dá nulla all’uomo; e hanno per migliore e per piue veritiera la prima moglie, che l’altre. Egli hanno piú figliuoli che l’altre genti, per le molte femmine; e prendono per moglie le cugine7 e ogni altra femmina, salvo la madre; e prendono la moglie del fratello s’egli muore. Quando pigliano moglie si fanno gran nozze.

  1. Pad. e alzideno altrosi i mior cavali che aveva el segnor...
  2. Pad. al piano in luoghi caldi, lá ove si trova...
  3. Pad. ed eno sí ordenatamente ligate le stanghe insieme, che i le possono portar lievemente. Tute le fiate che i drèzano...
  4. Pad. e camelli.
  5. Pad. rati de faraone.
  6. Pad. fano tropo ben quel de besogna ala masaria de casa... L’omo dá dota ala madre de soa moier.
  7. Pad. Berl. e quando el padre è morto, el primo fio tuoi la moier del padre per soa moglier pur che la non sia so madre; ancora, morto el fradelo, tuoi la cugnada.