Il milione (Laterza,1912)/CLXVII
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CLXVII (CXCl)
Dell’isola di Madegascar (Madeigascar).
Madegascar si è una isola verso mezzodí, di lungi da Scara mille miglia. E questi sono saracini che adorano Malcometto: questi hanno quattro vescovi, cioè quattro vecchi uomeni, c’hanno signoria di tutta l’isola. E sappiate che questa è la migliore isola e la maggiore di tutto il mondo: che si dice ch’ella gira quattromila miglia. E vivono di mercatanzie e d’arti. Qui nascono piú leonfanti che in parte che sia nel mondo; e ancora per tutto l’altro mondo non si vendono e non si comperano tanti denti di leonfanti quanto si fa in questa isola e in quella di Zachibar. E sappiate che in questa isola non si mangia altra carne che di cammelli, e mangiavesene tanti che non si potrebbe credere. E dicono che questa carne è la piú sana e la migliore che sia al mondo. Qui si ha grandissimi albori di sandali rossi, ed hannone grandi boschi. Qui si ha ambra assai, perochè in quel mare hae molte balene e capodoglie; e perchè pigliano assai di queste balene e di questi capidoglie, sí hanno ambra assai. Egli hanno leoni, e tutte bestie da prendere in caccia, e uccelli molti divisati da’ nostri. Qui vengono molte navi, e arecano e portano molta mercatanzia. E sí vi dico che le navi non possono andare piú innanzi che di qui a questa isola verso mezzodí, e a Zazechibar (Zanghibar); perochè il mare corre sí forte verso il mezzodí che a pena se ne potrebbe tornare. E sí vi dico che le navi, che vengono di Mabar a questa isola, vengono in venti dí, e quando elle ritornano a Mabar penano a ritornare tre mesi: e questo è per lo mare che corre cosí forte verso il mezzodí. Ancora sappiate che quelle isole ch’abbiamo contato, che sono verso il mezzodí, le navi non vi vanno volentieri per l’acque che corrono cosí forte.1 Diconmi certi mercatanti, che vi sono iti, che v’ha uccelli grifoni, e questi uccelli apariscono certa parte dell’anno; ma non sono cosí fatti com’è’si dice di qua, cioè mezzo uccello e mezzo lione, ma sono fatti come aguglie e sono grandi com’io vi dirò. E’ pigliano lo leonfante, e portanlo suso nell’aiere, e poscia il lasciano cadere, e quegli si disfá tutto, e poscia si pasce sopra lui. Ancora dicono, coloro che gli hanno veduti, che l’ale loro sono sí grande che cuoprono2 venti passi, e le penne sono lunghe dodici passi, e sono grosse come si conviene a quella lunghezza. Quello che io n’ho veduto di questi uccelli, io il vi dirò in altro luogo.3 Lo Gran Cane vi mandò messaggi, per sapere di quelle cose di quella isola, e preserne uno, sí che vi rimandò ancora messaggi per fare lasciare quello. Questi messaggi recarono al Gran Cane un dente di cinghiaro salvatico che pesò quattordici libre. Egli hanno sí divisate bestie e uccelli ch’è una maraviglia. Quegli di quella isola si chiamano quello uccello «rut» (ruc), ma per la grandezza sua noi crediamo che sia uccello grifone. Or ci partiamo di questa isola, e andiamo in Zachibar.
- ↑ Pad. Dixe la zente de quella contrá che el ghe parse zerto tempo de l’ano... Io avrei creduto che quel oxielo fosse el grifone; se non che quelli che l’ano vezudi diseno che l’è tuto comò oselo, e non come bestia, come se dixe del grifon.
- ↑ Berl. trenta.
- ↑ Pad. Berl. Lo Gran Can mandò soi messi a quelle isole per far lasar un so messo ch’era preso, e saver dele stranieze de quelle centra’. Quelli messi tornano e menano quel preso e referono cose molto stranie de quelle contrade. E portano de quelle cosse al Gran Can: zò fo do denti de porco. El signor ne fexe pesar uno, el qual pesava lire 14. E dixeno che sono porchi de grandeza de bufali. Ancora li sono molte zirafe e aseni salvadeghi, e áno bestie e oxelli molti diversi dai nostri. E i grifoni che sono in questa isola queli i apelano «ruc», e non i chiama altramente, perchè i non sano (che i siano) grifoni; mò nui credemo...