CLXII. Del reame della Tana

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CLXII. Del reame della Tana
CLXI CLXIII

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CLXII (CLXXXV)

Del reame della Tana.

Tana è anche un grande reame, [e somigliansi a costoro di sopra,]1 ed hanno anche loro re. Qui non ha ispezierie: hacci incenso, ma non è bianco, anzi è bruno, e fassene grande mercatanzia. Qui si ha bucherame e bambagia assai; gli mercatanti recano qui oro e ariento e rame assai, e di quelle cose che vi bisognano, e portanne delle loro. Ancora escono di qui molti corsali di mare e fanno grande danno a’ mercatanti: e questo è per volontá di loro signore. E fa il re questo patto con loro: che gli corsali gli danno tutti gli cavagli che pigliano, che molti ve ne passono, perciochè in India se ne fa grande mercatanzia, sì che poche nave vanno per l’India che non menino cavagli;2 e tutte l’altre cose sono degli corsali. Or ci partiamo di qui, e andiamo in una contrada che si chiama Cambaet.

  1. Berl. ed è inverso ponente... E áno re, e non dáno trabuto ad alguno... Qua non nasse pèvere, nè altre spezie, corno fano in altre provinzie dele qual nui avemo narado. Qua nasse inzenso...; lá se traze cuori de molte maniere.
  2. Berl. e le altre marcadanzie, zoè oro, arzento e piere preziose, si áno li corsali.