Il marito amante della moglie/Atto primo/Scena settima

Atto primo

Scena settima

../Scena sesta ../Scena ottava IncludiIntestazione 11 aprile 2011 75% Teatro

Atto primo - Scena sesta Atto primo - Scena ottava

Gino e Maurizio.


Gino
Amico, vi ringrazio di aver fatto al mio nome
L'onor di sovvenirvene.
Maurizio
Mio dovere... Ma come
Avvenne col marchese quella mezza contesa?
Gino
Oh nulla, non parliamone, non ne vale la spesa.
Maurizio
Quando siete arrivato?
Gino
Ieri.
Maurizio
Da Vienna?
Gino
Appunto.
Maurizio
E non scendeste al mio palazzo, appena giunto?
Gino
Grazie. Fino da Vienna ci avevo provveduto.
Maurizio
Come mai da principio non v'ho riconosciuto?
Gino
Cercavate una dama..
Maurizio
E con molta premura.
Gino
La ritrovaste?
Maurizio
No.
Gino
(fra sè)
Che fosse...? Oh! l'avventura
Sarebbe strana...
Maurizio
Siete sempre rimasto qui?
Gino
Sì.
Maurizio
È passata?
Gino
Una dama colla maschera?
Maurizio
Sì.
Gino
In nero?
Maurizio
Sì... bellissima.
Gino
...Non l'ho veduta in volto.
Le cadde anzi...
Maurizio
Il ventaglio...
Gino
(fra sè)
Era lui.
(forte)
L'ho raccolto.
Mi congratulo.
Maurizio
Grazie, scegliete il buon momento.
Gino
Perduta un'occasione, se ne trovano cento.
Quel ventaglio era certo un solito segnale.
Maurizio
Ma no... è la prima volta.
Gino
La prima?
(fra sè)
Meno male.
(forte)
Forse un appuntamento? Andiamo... a un forestiero...
Era un appuntamento... d'amicizia, n'è vero?
Maurizio
Quasi...
Gino
Il primo?
Maurizio
Pur troppo
Gino
(fra sè)
Arrivo in tempo.
(forte)
E adesso
Aspettate il secondo?
Maurizio
Se mi sarà concesso...
Di dove è uscita?
Gino
Parmi da quella parte.
Maurizio
(avviandosi)
Allora...
Gino
Omai è troppo tardi, sarà passata un'ora...
D'altronde io vorrei chiedervi, se non fossi indiscreto,
Alcuni brevi istanti di colloquio.
Maurizio
Son lieto
Di essere ai vostri ordini.
Gino
È affare di rilievo,
E non vorrete avervene per male, se vi devo
Pregare del secreto.
Maurizio
Ve ne impegno la mia
Parola.
Gino
Checchè udiate da me, chiunque sia
A farvene richiesta, checchè avvenga, per quanto
Inutile vi sembri il tacer, fino a tanto
Ch'io non vi avrò disciolto dalla data parola,
Giurate di non dire con nessuno...
Maurizio
Ho una sola
Fede. Ve lo prometto.
Gino
Grazie.
(guarda attorno)
Nessuno.
Maurizio
A che
Tante cautele?
Gino
Il mio vero nome non è
Gino di Monfiorito.
Maurizio
(s'alza)
Possibile... Signore...
Gino
Perchè? Sedete, datemi tempo.
Maurizio
Con chi ho l'onore
Di parlare?
Gino
Col conte di Albavilla.
Maurizio
Albavilla!
Il conte Ottavio?
Gino
Appunto. Ascoltate tranquillamente.
Voi siete il primo a cui svelo il mistero
Dell'esser mio. Mi avranno certo dipinto in nero
Anche con voi, ma spero vi accorgerete presto
Che sono un gentiluomo, e, meglio, un uomo onesto.
Vi dirò la mia vita brevemente; è una storia
Che per molti dolori tengo impressa a memoria.
Ebbi un'infanzia triste; non conobbi nessuno
De' miei parenti; crebbi solitario in un bruno
Castello, dove, a quando a quando, il mio tutore
Veniva ad ispirarmi un sinistro terrore,
Tanto mi si mostrava acerbo e prepotente.
Non ho avuto un maestro, non ho imparato niente
Di quanto al censo e al nome che porto era dovuto.
Ero ignorante, timido e malaticcio. Ho avuto
Per due volte la morte presso il mio capezzale,
E, ignaro od incurante che fosse del mio male,
Il tutore non venne a trovarmi. Soltanto
Un vecchio servitore mi rimaneva accanto,
Rispettoso e amorevole, e mi narrava i fatti
Illustri di mia casa, mi spiegava i ritratti
De' miei vecchi, e versava nel mio piccolo cuore
La sua scienza nativa del bene e dell'onore.
Vi dico queste cose perchè in esse è la vera
Ragione ed il secreto di mia vita. Una sera,
Avevo diciott'anni, giunse solo e improvviso
Il tutore: io tremavo, ed egli, con un riso
Carezzevole e dolce, mi chiamò il suo diletto
Figliuolo, ed abbracciandomi mi parlò del suo affetto
Vigilante, del quale mi recava sicura
Prova. Quelle carezze mi facean più paura
Degli usati rabbuffi e ne aspettavo ansioso
La ragione. Mi disse avermi fatto sposo
Con una ricca, nobile e bella giovinetta
Sedicenne; la cosa tornare molto accetta
Al Duca, il qual, per darmi prova del suo contento,
Si degnerebbe farmi dono di un reggimento;
Ognuno invidiare la mia splendida sorte;
Gli Albavilla mancare da troppo tempo a corte;
Altre mille ragioni consigliare codesto
Maritaggio ed imporre che si facesse presto.
L'indomani viaggiammo per tutta la giornata,
E alle dieci di sera la cappella privata
Del Duca insiem mi accolse colla novella sposa.
Rammento che in vederla mi prese un'angosciosa
Pietà di quella timida e bella giovinetta,
Forse ancor essa a nozze non sognate costretta;
Sentii che si compiva per me qualche solenne
Avvenimento, e gracile com'era e diciottenne
Mi riconobbi adulto; le parlai con rispetto
E dolcezza e le vidi attraverso il corsetto
Gonfiarsi pel tumulto delle gravi ansie il seno.
Mi dilungo parlandovi, lo so, ma come a meno?
Maurizio
Oh! vi ascolto con tanta curïosa attenzione!
Gino
Per farla breve, il Duca volle esser testimone
Delle mie nozze, e fummo sposati. Mentre uscivo
Con a braccio la sposa, un biglietto furtivo
Mi scivolò fra mani. Non so perchè, ma tosto
Rabbrividii, sentendolo. Mi trassi in un riposto
Angolo e, pretestando qualche scusa, lo apersi
E lo lessi.
Maurizio
Che vi era scritto?
Gino
Eran pochi versi,
Ma buoni, che dicevano come il Duca, invaghito
Di una nobil fanciulla, per poter più spedito
Ottenerne le grazie, l'avesse maritata
Con me, povero scemo, cui era destinata
La splendida fortuna, a nessun'altra eguale,
Di diventar poi padre di progenie reale.
Maurizio
Possibile!
Gino
Guardatemi. Son passati dieci anni,
Dieci anni di miserie, di fatiche, di affanni,
Ed al solo ricordo di quell'ora infernale
La rabbia mi fa piangere come un fanciullo. Quale
Mi rimanessi, lascio che pensiate. In un lampo
Da tutti gli argomenti che aveva messo in campo
Per indurmi alle nozze il mio tutore, emerse
Una certezza orribile, luminosa. Diverse
Minute circostanze, dapprima inosservate
Mi tornarono a mente, rividi certe occhiate
Cupide, dal Sovrano lanciate alla mia sposa,
E mi trovai, fanciullo, in una spaventosa
Solitudine, debole, abbandonato come
Un lebbroso, ed inerme. Sentii che sul mio nome
Pesavan trecent'anni di un onore illibato,
E che quel prezïoso retaggio, accumulato
Per me, mi si scioglieva fra le mani; che l'onte
Serbate alla mia vita spruzzavano la fronte
De' miei morti parenti, intemerata. Ormai
Immaginate quello che è seguito: cercai
Lo scampo nella fuga. Quale altra salvezza
Mi rimaneva? Come, nella mia debolezza,
A un Duca libertino e ad un parente infame
Oppormi, e in faccia a tutti smascherarne le trame?
Fuggii come un colpevole. Più tardi, quando il duro
Travaglio della vita mi ebbe fatto sicuro
Delle mie forze, avevo tanto disprezzo in core
Che avrei stretta la mano persino al mio tutore.
Eccovi la mia vita.
Maurizio
E da quel giorno in poi
Non deste a vostra moglie più contezza di voi?
Gino
A che prò? L'Albavilla era morto e sepolto.
Maurizio
Avrete per lo meno indagato, raccolto
Sul di lei conto...
Gino
Nulla. Mi dicevo che, onesta,
Non mi avrebbe di certo perdonata la presta
Fuga, e caduta... insomma non l'amavo.
Maurizio
Sapete
Che essa vi odia!
Gino
Lo immagino.
Maurizio
Come avvenne che siete
Tornato?
Gino
Per rimorso. Ora fa un mese ho appreso
Ch'essa avea resistito al Duca, e avea difeso,
A prezzo di sua pace, l'onor di quel casato
Che io, uomo, a lei donna, da vile ho abbandonato.
Maurizio
Ed ora avete in animo...?
Gino
Amico mio, la fede
Nel male viene molto in fretta, e retrocede
Molto adagio. Alle prime, partii fuor di me stesso,
Volevo rivederla, ottenermi permesso
Di gettarmele ai piedi, d'implorarne il perdono...
E poi... e poi... che farci?
Maurizio
Come?
Gino
Sì, lo so, io sono
Il maggiore colpevole; aggiungo anche di più:
Non spetta a lei la stregua della comun virtù.
Ma l'onor non ragiona, e il danno meritato
Non è perciò men danno nè perciò meno ingrato.
Maurizio
Ma non respinse il fasto quasi di una corona?
Gino
Spesso si nega al fasto quanto all'amor si dona.
Maurizio
Che...? Pensate...?
Gino
Non ditemi nulla, voi non fareste
Che oltraggiarla. Alle donne che son davvero oneste
Non occorre difesa. Potrei chiedervi come
Pensiate vi sia lecito risponder nel suo nome.
Maurizio
Ma...
Gino
Son uomo di mondo, e benchè al dubbio incline,
Se è vero, il ver che piace si fa strada alla fine.
Mi era prima venuta un'idea troppo scaltra:
Osservare mia moglie corteggiandone un'altra.
Ma è meglio andar diretti. Caro conte, volete
Presentarmi a mia moglie?
Maurizio
Io?
Gino
Voi la conoscete.
Maurizio
Sì... ma...
Gino
Voi, solo amico, voi, solo confidente
Del mio secreto...
Maurizio
Grazie.
Gino
È inteso?
Maurizio
Veramente
Io...
Gino
Che? Mi ricusate questo lieve favore?
Che ne debbo pensare?
Maurizio
No... accetto di gran cuore.
Gino
Grazie.
Maurizio
Quando?
Gino
Domani. Ah, è inteso che il marito
Scompare e che Albavilla si rifà Monfiorito.
Maurizio
Oh, senza dubbio.
Gino
Grazie.
Maurizio
Ed ora vi saluto.
Gino
Addio.
Maurizio
(tornando)
Siete ben certo di non aver veduto
In volto... quella dama...?
Gino
Del ventaglio? Vivete
Pure tranquillo... e... buona fortuna.
Maurizio
Come siete
Sospettoso!
Gino
No, vi auguro una buona fortuna.
Maurizio
Vi do la mia parola che non c'è sotto alcuna
Malizia.
Gino
(accennando verso la sala da ballo)
Ve lo credo. Eccola.
Maurizio
Chi?
Gino
La dama
Del ventaglio.
Maurizio
Qui viene?
Gino
No, ma forse vi chiama.
Guarda da questa parte: andate a farle omaggio.
Maurizio
Ma... vi assicuro...
Gino
Andiamo!
Maurizio
È uno scherzo.
Gino
Coraggio.
Maurizio
Lo volete? addio
(esce)