Il marito amante della moglie/Atto primo/Scena seconda
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Beatrice mascherata, Gino.
- Gino
- (vedendo Beatrice)
- Oh!
- (si getta a sedere su di una poltrona in modo da non esser veduto)
- Beatrice
- (fra sè)
- Mi segue.
- (guarda attorno)
- Nessuno.
- (lascia cadere apposta il ventaglio e fa per uscire)
- Gino
- (raccoglie il ventaglio)
- Vi è caduto il ventaglio,
- Bella maschera.
- Beatrice
- (imbarazzata)
- Grazie, mi è caduto... in isbaglio.
- Gino
- Lo credo, e permettete mi chiami fortunato,
- Dacchè è stato uno sbaglio, di averci riparato.
- Beatrice
- Grazie, signore.
- (fa di nuovo per uscire)
- Gino
- Avete fretta?
- Beatrice
- Andavo a sedere
- Di là.
- Gino
- Date ch'io possa, se lasciate cadere
- Altre cose, raccoglierle, sian sguardi o sian parole.
- Siete sola, e le belle dame quando son sole
- Sono esposte a pericoli.
- Beatrice
- La maschera difende.
- Gino
- La maschera non cela nè le molli e stupende
- Forme, nè il collo bianco, nè lo sguardo di foco.
- Io vi ho reso un servigio che varrebbe assai poco
- Se il ventaglio vi fosse caduto apposta, e vale
- Assai se cadde in sbaglio.
- Beatrice
- Come?
- Gino
- È maggiore il male
- Che deriva a una dama da un error che da un fallo.
- Pensate quanti avrebbero potuto in mezzo al ballo
- Raccogliere il ventaglio senza farsi un dovere
- Di renderlo! Mostratemi che ne aveste piacere,
- Accettando il mio braccio.
- Beatrice
- Ma io non vi conosco.
- Gino
- Son cavalier. D'altronde noi non siamo in un bosco,
- E se avessi una maschera non sarei conosciuto
- Di più; eppur non vorreste certo oppormi un rifiuto.
- Beatrice
- Potrei supporre almeno..
- Gino
- Supponete lo stesso.
- Nelle vicende umane sempre il dubbio è permesso.
- Senza avere di quello che io sia maggior pensiero,
- Quanto al falso dareste, date al mio volto vero.
- L'Ambasciator di Francia mi ha al suo ballo invitato,
- Giudicate dall'ospite che valga l'ospitato.
- Per darvi eletta prova del mio alto rispetto,
- Voi, maschera, non chiamo col tu, e non vi ho detto
- Una sola parola, credo, dove non sia
- Mista la deferenza a quella cortesia
- Che si deve alle dame nostre padrone.
- Beatrice
- È vero.
- Gino
- Dunque?
- Beatrice
- Ma... che volete?
- Gino
- Son quasi forestiero,
- E la folla mi attrista dove niun mi sorrida
- De' suoi volti.
- Beatrice
- E chiedete...
- Gino
- Che voi siate mia guida
- In questo laberinto.
- Beatrice
- Dunque perchè qui il caso
- Mi ha condotta... e fu il caso...
- Gino
- Ne sono persuaso.
- Beatrice
- Perchè il caso ha voluto che ci foste anche voi...
- Gino
- E ne ringrazio il cielo.
- Beatrice
- Lo credo; e perchè poi
- Ho lasciato per caso cadere il mio ventaglio...
- Gino
- Adesso dite — caso: prima diceste — sbaglio.
- Beatrice
- E con ciò?
- Gino
- Mi celava tanto quella poltrona...
- Non è stato uno sbaglio, per caso, di persona?
- Beatrice
- Cavalier!
- Gino
- Perdonate.
- Beatrice
- Hanno un prezzo elevato
- Le vostre cortesie. Vi siete incomodato,
- Vi ho detto grazie, e parmi...
- Gino
- Vi sono io debitore.
- Beatrice
- Sì? Vi rimetto il debito.
- (fa per uscire)
- Gino
- Nemmeno per favore?
- Se trovaste un mendico per strada, io sono certo
- Che il vostro borsellino sarebbe tosto aperto:
- Sono un mendico e chiedo... la domanda è indiscreta...
- Di baciarvi...
- Beatrice
- Signore!
- Gino
- La man.
- Beatrice
- Non ho moneta.
- Addio.
- Gino
- Volete togliermi con sì dura maniera
- La sola apparizione cara di questa sera?
- Beatrice
- Oh! ma voi mi sembrate un bell'originale.
- Gino
- Può darsi.
- (le porge una sedia)
- Beatrice
- Che mi sieda?
- Gino
- Non ci sarebbe male.
- Beatrice
- Al postutto... siccome non ho nulla da fare...
- (siede)
- Gino
- Potete far del bene lasciandovi ammirare.
- Beatrice
- Dite la verità: vi eravate appostato.
- Gino
- Fede di gentiluomo, no. Stavo lì annoiato,
- Ingrugnito ed incline alla misantropia,
- Qual chi si trova solo in tanta compagnia.
- Meditavo d'andarmene, e la mia buona stella
- Vi condusse, voi sola, voi cortese, voi bella.
- Beatrice
- Badiamo ai complimenti.
- Gino
- Lasciatemelo dire.
- La maschera permette che possiate arrossire.
- A meno non vi piaccia meglio buttarla giù,
- E... pago di vederlo, non ve lo direi più.
- Beatrice
- Siete molto galante.
- Gino
- Oh! la galanteria
- È il miei che l'ape umana raccoglie e mette via;
- Onde più il fiore olezza e più il mele ha sapore.
- Ma il merito non spetta all'ape, spetta al fiore.
- Egli solo è galante coll'esser profumato.
- L'ape non crea, signora, rende quel che le han dato.
- Beatrice
- Avete reso tutto?
- Gino
- Oh! no... Non sono tanto
- Prodigo — Quando tutto sia svanito l'incanto,
- Quando il fiore notturno al giungere del giorno
- Avrà chiusi i suoi petali, e avrò di nuovo intorno
- La grande solitudine triste cui sono avvezzo,
- Mi rimarrà diffuso nell'anima l'olezzo
- Mite che qui raccolgo, ripenserò l'accento
- Di una voce soave, ed il sogno già spento
- Risognerò di nuovo.
- Beatrice
- (alzandosi)
- Ebbene, incominciate
- A risognarlo subito.
- Gino
- No, per pietà, aspettate.
- Beatrice
- Neanche ad una maschera ogni cosa è permessa.
- Gino
- È vero, ma in compenso c'è una cosa che essa
- Sola può fare.
- Beatrice
- Ed è?
- Gino
- Smascherarsi.
- Beatrice
- Non credo
- Che siate così ardito da chiederlo.
- Gino
- Lo chiedo,
- E a mani giunte.
- Beatrice
- (levandosi la maschera)
- Ebbene, eccomi.
- Gino
- Oh! come siete
- Bella... Oh! come siete bella...
- Beatrice
- È questo che avete
- Promesso? La rimetto.
- Gino
- No, lo dico sommesso:
- È bella, è bella, è bella.
- Beatrice
- Ah!
- Gino
- Parlo con me stesso.
- Beatrice
- (fra sè)
- E sto qui ad ascoltarlo! È una vera follia.
- (avviandosi)
- Gino
- Di nuovo! Non sapete far altro che andar via!
- Beatrice
- Ah sì? È la quinta volta che ve lo dico senza
- Farlo! Mi meraviglia assai la mia indulgenza.
- Gino
- Che male c'è? Volete che vi dica il mio nome,
- I miei titoli?
- Beatrice
- No. Che m'importa?
- Gino
- Siccome
- Diffidate...
- Beatrice
- No, siete cavalier, lo si sente
- Lontano un miglio.
- Gino
- Grazie.
- Beatrice
- Ma se per accidente
- Qualcuno ci ascoltasse, o se avessi un marito...
- Gino
- Non l'avete? Difatti l'età vostra...
- Beatrice
- Oh! compìto
- Davvero! Sono vedova.
- Gino
- Di già?
- Beatrice
- Da un pezzo.
- Gino
- Strano!
- Anch'io.
- Beatrice
- Voi, così giovane?
- Gino
- Tocchiamoci la mano.
- Lo sono anch'io da un pezzo.
- Beatrice
- Era bella?
- Gino
- Non so.
- Beatrice
- Come?
- Gino
- Cioè... sicuro... credo almeno... però...
- Beatrice
- Non era?
- Gino
- Poveretta... dicevano... E il defunto
- Vostro sposo era bello?
- Beatrice
- No.
- Gino
- Amabile?
- Beatrice
- No, punto.
- Gino
- Tocchiamoci la mano. Guardate se non pare
- Che sia la Provvidenza che ci ha fatti incontrare.
- Voi vedova, ed io vedovo, e senza che nessuno
- Dei due rimpianga il giorno che l'ha vestito a bruno.
- Io non so il vostro nome, voi non sapete il mio;
- So che voi siete bella, voi sapete che io
- Son gentiluomo, e in mezzo ad un ballo affollato,
- Estranei l'uno all'altra, ecco che abbiam passato
- Un'ora soavissima... Dico per me, che sento,
- Parlandovi, guardandovi, un tale turbamento
- Quale non ho provato mai, come se il destino
- Mi avesse messo al mondo per vivere vicino
- A voi. Mi respingete?
- Beatrice
- No. Anch'io penso allo strano
- Caso. E invero parrebbe...
- Gino
- Tocchiamoci la mano.
- Beatrice
- No, sarebbe la terza volta, e ce n'è abbastanza
- Di due. Che ve ne pare? una per vedovanza.
- Gino
- Lasciate che in ginocchio ve la baci commosso.
- Beatrice
- Fate come volete.
- Gino
- (cadendo in ginocchio e baciandole la mano)
- No, faccio come posso.