Il giornalino di Gian Burrasca/31 ottobre

31 ottobre

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30 ottobre 1 novembre


31 ottobre.


Ah, giornalino mio, come son nato disgraziato! E quel che mi è successo finora non è niente, perché c’è il caso che io finisca in galera, come mi è stato predetto da più d’uno e, tra gli altri, dalla zia Bettina...

Sono così avvilito, che in casa non hanno avuto neanche il coraggio di picchiarmi. La mamma mi ha accompagnato qui in camera mia, e mi ha detto semplicemente:

- Procura di non farti vedere da nessuno... e prega Dio che abbia pietà di te e di me che, per causa tua, sono la donna più disgraziata di questa terra!

Povera mamma! A pensare al suo viso pieno di malinconia mi viene da piangere... Ma, d’altra parte, che ho a fare se tutte le cose, anche le più semplici, mi vanno a rovescio?

Come avevo stabilito, ieri sera volli dare la rappresentazione di giuochi di prestigio, nel salotto... e in questo non c’era niente di male, tant’è vero che tutti dissero: - Vediamo, vediamo questo rivale di Morgan!

Fra gli spettatori, oltre Mario Marri che fa le poesie e porta la caramella, la signorina Sturli che le mie sorelle dicono che si stringe troppo, e l’avvocato, c’era anche Carlo Nelli, quello che va vestito tutto per l’appunto e che ha rifatto la pace dopo che s’era avuto tanto a male che Virginia gli avesse scritto sul ritratto: Vecchio gommeux.

- Cominceremo dal giuoco della frittata! - dissi io.

Presi dal cappellinaio il primo cappello che mi capitò fra mano, e lo posi su una sedia, a una certa distanza dal pubblico: poi presi due uova, le ruppi e versai le chiare e i torli nel cappello, mettendo i gusci in un piatto.

- Stiano attenti, signori! Ora prepareremo la frittata, e poi la metteremo a cuocere!...

E con un cucchiaio mi misi a sbattere le uova dentro il cappello, avendo nell’idea, dopo, di levarci la fodera e farlo ritornar pulito come prima.

Il Carli, nel vedermi sbattere le uova dentro il cappello, dètte in una gran risata e gridò:

- Oh, questa è bella davvero!...

Io, sempre più incoraggiato nel vedere che tutti quanti si divertivano ai miei giuochi, per finire l’esperimento proprio alla perfezione come avevo visto fare al celebre Morgan, dissi:

- Ora che le uova sono sbattute, io pregherei un signore di buona volontà a reggere il cappello mentre vado ad accendere il fuoco...

E rivolgendomi all’avvocato Maralli, che era il più vicino a me, ripresi: - Lei, signore, vuol avere la gentilezza di reggere il cappello per un minuto?

L’avvocato accondiscese, e preso il cappello nella destra vi gettò uno sguardo dentro e si mise a ridere esclamando:

- Toh! Ma io credevo che ci fosse un doppio fondo... Invece ha sbattuto le uova proprio dentro il cappello!...

Carlo Nelli che sentì, dètte in un’altra risata più clamorosa della prima, ripetendo:

- Ah, questa è bella!... questa è proprio graziosa!...

Io, tutto contento, presi nell’ingresso il candelliere con la candela accesa che avevo già preparato e, ritornato accanto all’avvocato Maralli, glielo misi nella sinistra, dicendo:

- Ecco acceso il fuoco: ora lei, signore, favorisca di tenerlo sotto al cappello, non tanto vicino per non bruciarlo... Ecco, così... Bravo... Ora poi la frittata è bell’e cotta e spengeremo il fuoco... Ma come? Ah! Eeco qui: noi lo spengeremo con la mia pistola...

Veramente il Morgan adopera una carabina; ma io, avendo una di quelle pistole da ragazzi che si caricano con quei proiettili di piombo a punta da una parte e con uno spennacchietto rosso dall’altra, coi quali si tira nel bersaglio, avevo creduto che fosse la stessa cosa; e, impugnata la mia arma, mi impostai dinanzi all’avvocato Maralli.

In questo punto, molto importante per la riuscita dell’esperimento, dovendo io spengere con un colpo della mia pistola la candela, fui distratto improvvisamente da due grida.

Carlo Nelli, avendo a un tratto riconosciuto nelle mani dell’avvocato Maralli il proprio cappello, aveva smesso subito di ridere gridando con angoscia:

- Uh! Ma quel cappello è il mio!

Nello stesso tempo l’avvocato Maralli, vedendomi con la pistola stesa, aveva esclamato sgranando tanto d’occhi dietro gli occhiali:

- Ma è forse carica?...

In quel momento lasciai andare il colpo, e si udì un urlo:

- Ah, mi ha ammazzato!...

E l’avvocato Maralli, lasciandosi cadere dalle mani il candelliere e il cappello con le uova dentro che si sparsero sul tappeto sporcandolo tutto, si gettò su una sedia premendosi il viso con tutt’e due le mani...

Le signorine Mannelli si svennero, le altre si dettero a urlare, le mie sorelle si messero a piangere come fontane; Carlo Nelli si precipitò sul suo cappello, ringhiando:

- Assassino!...

Mia madre, intanto, aiutata da Mario Marri, aveva afferrato l’avvocato Maralli, sorreggendolo e scostandogli le mani dal viso, dove vidi con terrore, proprio accanto all’occhio destro, lo spennacchietto rosso del proiettile a punta che gli s’era conficcato nella carne...

Ebbene: posso giurare che ero il più dispiacente di tutti, ma in quel momento io non potei trattenermi dal ridere, perché il Maralli, con quello spennacchietto rosso ficcato accanto all’occhio, era proprio buffo...

Allora Carlo Nelli, che in tutta quella confusione aveva sempre seguitato a ripulire il cappello col fazzoletto, esclamò al colmo dello sdegno:

- Ma quello lì è un delinquente nato!...

E la signorina Sturli che si era avvicinata al Maralli per vedere che cosa gli era successo, accorgendosi d’aver macchiata la camicetta di seta bianca col sangue che usciva dall’occhio del ferito, si mise anche lei a smacchiarsi col fazzoletto, borbottando tutta stizzita:

- Quel ragazzo finirà in galera!...

Io smessi di ridere, perché incominciavo a capire che la cosa era molto seria.

Mario Marri, aiutato dagli altri invitati, avevano preso l’avvocato Maralli a braccia e l’avevan trasportato su nella camera dei forestieri; e intanto Carlo Nelli s’era incaricato d’andar a chiamare il dottore.

Io, rimasto solo in salotto, mi misi in un cantuccio a singhiozzare e a riflettere ai casi miei... e ci rimasi così triste, dimenticato da tutti, quasi tutta la notte, finché non mi ha scoperto la mamma che mi ha accompagnato, come ho scritto prima, qui in camera mia...

Pare che l’avvocato Maralli stia molto male.

E io? Io finirò in galera, come dicono tutti!...

Sono disperato, mi gira la testa, mi sento tutto pesto come se mi avessero bastonato... Non ne posso più, non ne posso più!...

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Ho dormito e mi sento meglio.

Che ore sono? Dev’esser tardi perché sento venir su dalla cucina un odorino di stracotto che mi rallegra un po’ lo spirito in mezzo a questo silenzio sepolcrale...

Ma un’idea terribile mi perseguita sempre: quella del processo, della prigione, dei lavori forzati a vita... Povero me! Povera la mia famiglia!...

Mi sono affacciato alla finestra, e ho visto giù, in giardino, Caterina in gran conciliabolo con Gigi, quello che mi salvò la vita quando ero per affogare.

Caterina si sbracciava, si accalorava, e Gigi ogni tanto si tirava il cappello sugli occhi, allungava il collo e spalancava la bocca, come fa lui quando un discorso gli interessa di molto.

Io li guardavo tutt’e due, e capivo benissimo che Caterina raccontava a Gigi il fatto di iersera dell’avvocato Maralli e che Gigi era molto impressionato del racconto; e capivo anelare che il far quei gesti che facevano era segno che l’affare era molto serio, e che probabilmente il povero avvocato stava molto male... A un certo punto anzi, quando Caterina ha alzato le braccia al cielo, m’è venuto anche il dubbio terribile che il povero Maralli fosse morto...

Eppure bisogna, giornalino mio, che ti confessi una cosa: nel vedere quei due far tutti quei gesti, non ne potevo più dal ridere.

Che io sia davvero un delinquente nato, come ha detto iersera Carlo Nelli?

Ma il buffo poi è questo, caro giornalino: che ora, ripensando a questa cosa del delinquente nato, mi vien da piangere perché più ci rifletto e più mi par proprio d’essere un ragazzo venuto al mondo per soffrire e far soffrire, e dico fra me:

- Oh quant’era meglio che Gigi mi avesse lasciato affogare quel giorno!

Zitti!... sento rumore nell’andito...

Ah! forse il Maralli è morto davvero... forse i carabinieri vengono ad arrestarmi per omicidio...

Ma che carabinieri!... Era la mamma, la mia buona mamma che è venuta a portarmi da mangiare e a darmi notizie dell’avvocato Maralli!...

Ah, giornalino mio, che peso mi son levato dalla coscienza!...

Salto e ballo per la stanza come un pazzo dall’allegria...

L’avvocato non è morto, e non c’è neanche pericolo di morte.

Pare che tutto si ridurrà alla perdita dell’occhio, perché è rimasto offeso non so che nervo... e il dottore ha assicurato che il Maralli tra una diecina di giorni potrà andar fuori.

La mamma quand’è venuta era molto seria, ma poi quando è andata via era allegra come me, certamente perché anche lei deve aver capito la ragione.

Siccome quando è entrata in camera io ero molto spaventato perché credevo che fossero i carabinieri, ella mi ha detto:

- Ah, meno male che, se non altro, hai rimorso di quel che hai fatto!...

Io sono stato zitto, e allora lei mi ha preso tra le braccia, e guardandomi in viso mi ha detto, ma senza sgridarmi, anzi con voce piangente:

- Lo vedi, Giannino mio, quanti dispiaceri, quante disgrazie per colpa tua!...

Io allora, per consolarla, le ho risposto:

- Sì, lo vedo: ma se son disgrazie, scusa, che colpa ci ho io?

Lei allora mi ha rimproverato perché io mi ero messo a fare i giochi di prestigio, e io le ho detto:

- Ma se quando mi son messo a farli, tutti quelli che erano in salotto si divenivano ed erano felici e contenti!...

- Perché non potevano prevedere quello che hai fatto dopo...

- E io lo potevo forse prevedere? Sono forse indovino io?

Allora lei ha tirato fuori l’affare del cappello di Carlo Nelli che dice è andato via impermalito, perché gliel’ho tutto insudiciato con le uova.

- Va bene - ho detto io. - Ma anche quella è stata una disgrazia, perché io ho preso un cappello qualunque dal cappellinaio, e non sapevo che fosse il suo.

- Ma, Giannino mio, se fosse stato d’un altro non sarebbe stato lo stesso?

Così ha detto la mamma, ed era qui che l’aspettavo.

- No, che non sarebbe stato lo stesso... per Carlo Nelli! Infatti, quando egli si è accorto che io non sapevo più come rimediare il giuoco e che il cappello ormai era rovinato, il signor Carlo Nelli rideva a crepapelle, credendo che il cappello fosse d’un altro, e diceva: «Ah, questa è bella! Questa è graziosa!» Mentre invece, quando poi s’è accorto che il cappello era il suo, ha detto che io ero un delinquente nato!.. Sempre così!... Tutti così!.. E anche il Maralli rideva e si divertiva, perché aveva visto che il cappello non era il suo, e se lo avessi poi anche sfondato con un colpo di pistola, si sarebbe divertito più che mai... Invece la disgrazia ha voluto che cogliessi lui vicino a un occhio, ed ecco che allora tutti danno addosso al povero Giannino, e tutti si mettono a gridare che Giannino finirà in galera... Sempre così!... Tutti così!... Anche la zia Bettina mi ha detto a questo modo, e ce l’ha a morte con me... E, in fondo, che avevo fatto di male? Avevo sradicato dal vaso una pianticella di dìttamo che costerà due centesimi... Ma siccome io son nato disgraziato, per l’appunto s’è data la combinazione che quella pianta era stata data alla zia Bettina da un certo Ferdinando, e pare anzi, a quanto dice lei, che ci sia dentro, in quella pianta, lo spirito di questo signore...

A questo punto la mamma mi ha interrotto piena di curiosità, dicendomi:

- Come, come?... Raccontami tutto per bene: come ti disse la zia Bettina?...

E ha voluto che le dicessi tutto il fatto del dìttamo e le ripetessi quel che mi disse la zia Bettina, parola per parola; e poi s’è messa a ridere, e poi mi ha detto:

- Cerca di star qui, zitto e tranquillo... Poi ritornerò, e, se sei stato buono, ti porterò per merenda un po’ di conserva di pesche...

E se n’è andata giù, e ho sentito che chiamava l’Ada e la Virginia dicendo:

- Ah, ve ne voglio raccontare una carina!...

Meno male. Io l’ho sempre detto: fra tutti, la mamma è quella che capisce di più la ragione, e che sa distinguere se una cosa succede per disgrazia o per cattiveria.

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C’è stata l’Ada a portarmi la cena e ha voluto anche lei che le raccontassi il fatto del dìttamo della zia Bettina.

Mi ha dato ottime notizie. Un’ora fa c’è stato il dottore daccapo e ha detto che l’avvocato Maralli va molto meglio, ma che deve stare in camera al buio almeno per una settimana.

Capisco che dev’essere una cosa seccante: ma è anche più seccante il dovere stare relegati in una camera senza esser malati, come son costretto a star io.

Ma ci vuol pazienza. Ada mi ha detto che il babbo è molto arrabbiato, che non mi vuol più vedere e che perciò bisogna aspettare che gli passi l’inquietudine e allora con l’intromissione della mamma tutto sarà appianato.

Intanto io vo a letto, perché ho molto sonno.