Filosofia

Canto III
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XVII.

La contempla Corrado, e sente, oh come
Ei nol potrìa! de la sua colpa orrore,
Ma pietà del suo duol. Tanto misfatto
Non fia per pianto cancellato, e giorni
D’angoscia a vendicarlo omai son presti;
Ma riparo qual havvi?.... E sia pur rea;
Ma il pugnal per chi strinse? Ma quel sangue
Per chi versò? Per chi tutto perdèo
Sovra la terra, e più che tutto in cielo?
Per chi? Per lui che in libertade ha tratto,
Per lui che schiava or se la vede innanzi
Il negro occhio abbassar, sol ch’ei la miri,
O alzar la fronte, ma dipinta solo
Di cangievol pallor, chè di vermiglio
Nulla più serba, se non l’âtra stilla
Che zampillava da Seìd trafitto....
Prende Corrado la sua mano,.... trema!
Quella mano, in amor morbida tanto,
Aspra tanto nell’odio, ei stringe,... trema,
Ed è la sua tremante pur, e fioca
La sua voce divien.... « Gulnara! » esclama;
E colei tace... « Dolce mia Gulnara! »
Solleva la dolente allor le luci,

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Sola risposta! ma con tener’atto,
Chiede un amplesso, e vi si getta intanto.
Cuor più che d’uomo, o men che d’uomo, avrìa
Or ben costui, se dal bramato seno
La rispingesse.... Caritade, o fallo,
Sia pur, l’accoglie, e se una speme in petto
Non gli vivesse ancor, l’ultima forse
Di sue virtù n’andrìa coll’altre in bando.
Oh! pur Medora perdonar vorrìa
Quel bacio, primo, ultimo bacio, solo
Ch’a fedeltà fralezza involi,.... bacio
Di sì bel labbro, che vi posa amore,
E i trarotti sospir par che vi desti,
Col söave aleggiar de’ vanni suoi!....