Il corsaro/Canto III/XV
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XV.
Con questi lagni, del Pirata il core
Strazia costei; misero cor! trafitto
Ben più del suo, perchè di tanto danno
Sola cagion s’estima, e oppresso, e negro,
E sanguinoso, nel tacito petto
Si nasconde! .... Ma l’aura amica è intanto,
E amico il mare cogli azzurri flutti
Spinge la vaga poppa. Ecco lontano
Su l’ Orizzonte un punto, ecco una macchia,
Un’antenna, una vela, armato un legno.
Il nocchiero che veglia, da la barca
Primo lo scorge rapido accostarsi,
Col terrore sul fianco; è presso, sbocca
Una vampa, la palla fugge, fischia,
Passa innocua, ne l’onda s’inabissa.
Sorge dal mesto suo letargo intanto
Corrado, e sulla fronte la sbandita
Gioja richiama, ed » è mio, dice, è mio
» Il sanguigno vessillo! Or più rammingo
» Non son per l’acque, e solo!....» Il noto segno
Conoscer, salutar, raccôr le vele,
E lo schifo apprestar, da l’altra parte
Opra è d’istanti. «È Corrado!.... Corrado!»
Lieti gridano tutti, e non v’è cenno,
Non obbedienza che il clamore affreni,
Or che orgogliosi lo riveggon sorto
A la sua tolda. Sui feroci volti
Spunta un sorriso, e le ruvide braccia
Mal si rattengon da un amplesso. Obblìa
Quasi Corrado i rischj e le sventure,
E qual più a Duce si convien, cortese
S’arrende a tanto giubilo; d’Anselmo
Stringe la destra, e anco una volta sente
Il desìr de le imprese, e de’ trïonfi!....