Il continente misterioso/20. La scomparsa del dottore
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20.
LA SCOMPARSA DEL DOTTORE
Cominciava ad albeggiare. Verso oriente una striscia di luce madreperlacea cominciava ad alzarsi, facendo impallidire gli astri e diradando le tenebre che si dileguavano rapidamente. L'uccello-orologio, l'uccello beffeggiatore e il buftalmo cominciavano ad addormentarsi; mentre le kakatue, i pappagalluzzi, gli splendidi uccelli lira, si risvegliavano e i falchi s'alzavano nelle alte regioni dell'atmosfera descrivendo fulminei cerchi concentrici. Diego e Cardozo dopo di essersi rassicurati che nei dintorni non si trovava più alcun australiano e di aver ricaricate le carabine e le rivoltelle, si lasciarono scivolare lungo la liana, toccando terra.
Ascoltarono per parecchi secondi celati dietro un cespuglio, ma nulla udirono, fuorché il lontano urlo di qualche warrangal.
— Silenzio perfetto — disse Cardozo. — Quei miserabili si sono allontanati.
— Tanto meglio per noi — rispose il mastro.
— Dove andiamo ora?
— Dritti al campo. Bisogna assicurarsi di ciò che è accaduto, durante la nostra assenza.
— Non troveremo che gli avanzi del carro.
— Ma scopriremo le tracce degli assalitori e le seguiremo, anche se si dovesse attraversare tutto il continente.
— Partiamo, marinaio. Io sono pronto a tutto.
Per tema di venire scoperti, si gettarono in mezzo al vicino bosco, procedendo con mille cautele e senza produrre alcun rumore. Ogni tratto si arrestavano dietro a qualche colossale tronco, ascoltavano con profonda attenzione per raccogliere i più piccoli rumori, osservavano il terreno e aguzzavano gli occhi guardando a terra ed in alto. Non udirono però alcuna voce umana, non scorsero alcun a traccia e non videro alcuna persona.
Convinti di non essere né seguiti, né preceduti, raddoppiarono il passo e dopo una mezz'ora giungevano a poche centinaia di passi dall'accampamento.
— Adagio, Cardozo — disse il mastro. — Vi possono essere ancora dei selvaggi, occupati a saccheggiare o a demolire il dray.
— Non odo alcun rumore, marinaio.
— E queste strida?
— Sono strida di falchi, marinaio, ne vedo delle grandi bande svolazzare sopra il campo.
— Ciò indica che vi sono parecchi cadaveri; la mitragliatrice deve aver gettato a terra molti assalitori. Vedi il dray?
— Vedo una massa oscura attraverso il fogliame. Ora sapremo se è la trincea o il nostro carro.
— Avanti, ma prudenza.
Si misero a strisciare fra gli enormi tronchi degli alberi ed i cespugli e giunsero sul margine estremo del bosco.
La prateria stava dinanzi a loro, ma quale spettacolo offriva! In mezzo si rizzava il dray, semirovesciato, sfondato, fracassato, ridotto in uno stato miserando; attorno, pochi pali semispezzati, abbruciati o rovesciati confusamente gli uni addosso agli altri; più oltre altri pali che dovevano essere stati bruscamente strappati per lasciare il passo agli assalitori; e qua e là, dispersi per ogni dove, in tutte le pose possibili e immaginabili, stecchiti o aggomitolati, coricati sul dorso o sul ventre, colle membra distese o rattrappite, o ripiegate in atto di vibrare l'ultimo colpo o di ripararsi il volto o il petto, si scorgevano mucchi di cadaveri orrendamente crivellati di ferite, colle teste fracassate, le membra semistrappate, i visi alterati da uno spasimo supremo o da un ultimo accesso di furore bestiale. Un acre odore di sangue, di polvere da sparo, di ammoniaca e di selvatico aleggiava su quel campo di morte, sul quale piombavano schiamazzando, avide di preda, bande innumerevoli di falchi e di aquile.
— Che massacro! — esclamò Cardozo facendo un gesto di ribrezzo.
— Mille fulmini! — tuonò il mastro, balzando in piedi. — Deve essersi difeso terribilmente, quel bravo dottore.
— Ma forse l'hanno ucciso, Diego.
— Taci, Cardozo — disse il mastro, con voce soffocata dall'emozione. — Ma ora lo sapremo.
S'avanzarono in mezzo ai cadaveri e alle armi che ingombravano il campo e si spinsero verso il dray. Gli australiani lo avevano saccheggiato completamente; non contenti di aver portato via i viveri, le armi, le munizioni, le vesti, le casse, i barili, avevano perfino rubato la grande tela bianca che li copriva e tutte le ferramenta delle ruote e dei parapetti.
— Ladroni! — esclamò il mastro con furore. — Perfino la mitragliatrice è scomparsa!
— Niro-Warranga deve aver diretto l'assalto. Solo lui può maneggiare quell'arma e quindi lui solo ne conosce la potenza. Ma cosa sarà accaduto del dottore?
— Non vedo alcuna traccia di lui — rispose Diego.
— Che sia stato fatto prigioniero?
— Certamente, Cardozo. Se l'avessero ucciso si troverebbe qui il suo cadavere o per lo meno si vedrebbero delle tracce di sangue sul carro. Quale fortuna!
— Ma cosa vuoi che ne facciano di lui?
— Ecco quello che ignoro!
— Che l'abbiano serbato per divorarlo?
— Che ne siano capaci?... Cardozo tu mi fai tremare!...
— No, Diego, non lo credo. Niro-Warranga non è un selvaggio.
— Ma infine...
— Guarda laggiù, Diego!... — esclamò Cardozo girando rapidamente sui talloni e imbracciando il fucile.
— I selvaggi! — esclamò il mastro, facendo un balzo. — Tuoni e fulmini!...
Quattro persone seminude, erano improvvisamente apparse sul limite della boscaglia e si erano arrestate bruscamente, come colpite dalla più alta meraviglia, ma senza dimostrare, almeno pel momento, intenzioni ostili. Era una famiglia di australiani composta di un uomo magro come un fakiro indiano, più brutto d'un chimpanzè, dalla pelle fuligginosa, la testa piccola coperta da una capigliatura lunga, il mento barbuto e il corpo coperto da un solo pezzo di pelle di kanguro; di una donna più piccola, più brutta ancora, ischeletrita, coperta di cicatrici e di lividure e carica di bastoni, di sacchi contenenti tutto l'occorrente per la famiglia, e di due ragazzi affatto nudi, i cui corpi mostravano le costole.
— Che bella collezione di scheletri viventi! — esclamò il mastro. — Sono quelle brutte scimmie che vengono ad assalirci?
— Mi pare che non abbiano intenzioni bellicose — disse Cardozo. — Mi sembrano stupiti, più che animati dal desiderio di venire ad attaccar briga con noi.
— Andiamo a vedere cosa desiderano.
L'australiano si era fermato sul margine del bosco e dietro di lui si teneva la sua famiglia, indecisa fra l'avanzarsi o il fuggire. Teneva in pugno una lancia adorna di penne di kakatua e alla cintura la sua scure di pietra, ma non fece atto di servirsene quando vide i due bianchi avanzarsi verso il bosco.
— Buon giorno, messer negro — disse il mastro, toccandosi il berretto. — Buon giorno, madama scimmia e rampolli. A quale onore dobbiamo attribuire la vostra comparsa su questo campo di battaglia? Forse al desiderio di fare una scorpacciata di quei birbanti che dormono laggiù, con un'oncia di piombo nel cranio?
Il selvaggio molto probabilmente non comprese un etto di quel discorso, pure lasciò cadere la lancia e dopo d'aver emesso un grido gutturale, andò a strofinare il proprio naso contro quello del mastro.
— È gentile l'amico! — disse Diego — Che appartenga ad un'altra tribù?
— Lo credo, marinaio — disse Cardozo. — Se fosse uno di quelli che assalirono il dray, sarebbe fuggito per andare a chiamare i compagni.
— Ho un'idea, Cardozo.
— E quale?
— Mi hanno detto che gli australiani sono valenti nel seguire le tracce degli uomini, siano bianchi o negri.
— È vero, marinaio. La polizia di Vittoria adopera i selvaggi, per seguire le tracce dei bushrangers.
— Se mettessimo al corrente dei nostri casi questo selvaggio? Potrebbe aiutarci a rintracciare il dottore?
— Purché riesca a comprenderci! Io non so più di cinquanta parole australiane.
— Ed io altrettante; possiamo quindi fargli capire qualche cosa. Invitiamo intanto questa famiglia, che mi ha l'aria di aver digiunato una settimana, a colazione.
— Approvato, marinaio.
Il mastro fece cenno al selvaggio di seguirlo nel bosco assieme a sua moglie e ai figli, per non farsi scoprire, nel caso d'un ritorno degli assalitori, e gli gettò ai piedi la sariga dimenando le mascelle e aprendo la bocca con una espressione molto eloquente.
Il selvaggio comprese perfettamente quel muto linguaggio, perché s'impadronì lestamente della selvaggina, facendo smorfie da macaco e mostrando certi denti da fare invidia ad uno squalo. Mentre la sua donna, che doveva avere una fame straordinaria, scavava una buca profonda servendosi d'un bastone appuntito e indurito al fuoco e la riempiva di rami secchi per preparare il forno, l'australiano aveva sventrato il futuro arrosto sbarazzandolo delle interiora, e si era messo a strofinarlo energicamente col filo della sua scure di pietra, per privarlo del folto pelame.
Diego e Cardozo dopo d'aver battuti i dintorni e di essersi accertati che nessun altro selvaggio si trovava nel bosco, si erano sdraiati sotto un cespuglio in attesa della colazione. Avrebbero voluto mettersi subito in cammino per inseguire i rapitori, ma sapevano che un australiano non si pone in movimento quando ha il corpo affatto vuoto e vede dinanzi a sé un arrosto. Sarebbe stato più facile smuovere uno di quei colossali alberi, che decidere quell'affamato a lasciare la sariga.
La colazione però fu pronta in poco tempo. La deliziosa selvaggina, ben arrostita nel forno improvvisato, fu finalmente esumata e presentata ai due marinai assieme a parecchie radici di warrangs e pezzetti di gomma. Scelte le parti migliori, abbandonarono il resto alla famiglia, la quale si gettò con avidità bestiale su quella carne appetitosa e profumata ingollando, senza masticarli, pezzi grossi come un pugno. La moglie ed i figli, contrariamente alle abitudini egoistiche degli australiani, erano stati ammessi all'onore della tavola; tavola per modo di dire — ma forse perché il marito e padre temeva di usare una scortesia agli uomini bianchi, o forse perché non si sentiva capace, da solo, di far sparire quei dodici o quattordici chilogrammi di carne.
Quando il selvaggio fu sazio tanto da scoppiare, si accomodò l'osso passato tra le cartilagini del naso e che gli serviva da ornamento, si slacciò la cintura e fece atto di sdraiarsi per digerire in pace quel troppo copioso pasto, ma Diego che così non la intendeva, lo prese per un orecchio e lo rialzò, facendogli cenno che intendeva di dare delle spiegazioni e di chiedere degli schiarimenti.
Il discorso s'impegnò fra i due marinai e il selvaggio, che pareva di buon umore e in fondo un buon diavolo, ma che faticosa conversazione, in principio! Fortunatamente, l'australiano conosceva parecchie parole inglesi, avendo avuto dei frequenti rapporti con dei coloni stabiliti sulle coste orientali e poterono comprendersi con minor difficoltà.
Egli, interrogato, fece a loro comprendere che apparteneva ad una tribù stabilita sulle rive di un fiume situato verso il sole che si leva, e che era diretto verso il vicino lago in cerca di selvaggina, essendo il territorio della sua tribù assai povero. Mentre procedeva, aveva udita una serie di detonazioni e si era diretto verso quella prateria spinto dalla curiosità.
Informato di quanto era accaduto, quel selvaggio manifestò dapprima un certo terrore. La tribù che aveva assalito il dottore era numerosa e godeva pessima fama; anzi, si diceva che divorava i prigionieri di guerra, e odiava la sua tribù, la quale parecchie volte era stata assalita.
Sapeva dove si accampava e avrebbe ben volentieri guidati i suoi amici bianchi fino a quel luogo, purché si fossero incaricati di nutrire lui e la sua famiglia.
— Ti faremo scoppiare — disse Diego. — Mai avrai mangiato tanti arrosti dal giorno che sei nato. Che gente sono questi selvaggi! Non pensano che a riempire il ventre!
— Partiamo — disse Cardozo. — Io sono impaziente di raggiungere quel miserabile Niro-Warranga e di liberare il dottore.
— Che lo abbiano risparmiato per metterlo allo spiedo? — chiese il mastro, rabbrividendo.
— Non lo credo, marinaio — rispose Cardozo che pure era diventato pallido, a quel sospetto atroce manifestato dal suo compagno. — Niro-Warranga non può odiare il dottore a tal segno.
— Andiamo adunque e che Dio ci protegga!